E’ la fase in cui si crea un ridimensionamento dello strumento della legge speciale, cui segue il passaggio del diritto del lavoro nella codificazione unificata del diritto privato, e a tal proposito si parla di incorporazione nel diritto privato.
La prima legge sull’impiego privato risale al 1912, sostituita poi dal più completo R.D.L. (regio decreto legge) del ’24, che separava il lavoro manuale da quello intellettuale. Si parlava tradizionalmente di due contratti distinti: quello di lavoro operaio (la dottrina lo distingueva all’interno della categoria della locatio operarum) e quello dell’impiego privato con contratti dettati dall’autonomia individuale o dalle pratiche d’uso, vista la pratica assenza della spinta sindacale.
All’incorporazione del diritto del lavoro nel diritto privato è riconducibile la giuridificazione del contratto collettivo, all’inizio presentato come concordato di tariffa, fondato sull’adesione volontaria di singoli imprenditori e operai poi presentato nella forma pubblicistica della contrattazione collettiva corporativa. Il contratto collettivo corporativo non era espressione dell’autonomia collettiva, ma dell’autorità, conferitagli dalla legislazione, del sindacato nell’ambito della categoria professionale e di essa soltanto, in quanto non erano ammessi contratti aziendali.
Il corporativismo era una componente del regime fascista. Il legislatore corporativo aveva di fatto negato la libertà sindacale ed aveva trasformato il contratto collettivo in un atto dotato di efficacia imperativa erga omnes e proveniente dal sindacato unico fascista. La corporazione riuniva le rappresentanze sindacali delle due parti contrapposte (lavoratori e imprenditori) ed aveva il compito di stabilire le norme (ordinanze corporative, accordi economici collettivi) relative alla disciplina della produzione, sotto il controllo del Ministero delle corporazioni. Le eventuali controversie avrebbero dovuto essere decise dalla Magistratura del Lavoro (che mai intervenne).
Queste erano le premesse prima della redazione del Codice del ’42.
L’intervento del legislatore, con l’inserzione del diritto del lavoro nella codificazione unificata del diritto privato, fu realizzato soprattutto sul piano della tecnica legislativa. In particolare, venne generalizzata la tutela del lavoratore sotto il profilo delle condizioni minime di trattamento e della garanzia dell’inderogabilità ed indisponibilità di tali condizioni.
Si instaurava così ( vedi anche l’art. 2077 del Codice Civile) il principio della prevalenza della norma più favorevole al lavoratore che, ad oggi comunque, per molti aspetti del rapporto di lavoro, lascia un ruolo preponderante alle leggi speciali.