L’iniziale zona franca dei licenziamenti collettivi. L’art. 11 L. 604/1966 espressamente esclude dalla disciplina dei licenziamenti individuali i licen­ziamenti collettivi. Poiché la disposizione non forniva alcuna definizione dei licenziamenti collettivi bastava all’imprenditore licenziare anche sol­tanto due lavoratori per conferire al licenziamento il carattere collettivo, con conseguente sottrazione ai limiti legislativi. Sussistevano i limiti pre­disposti dai contratti collettivi, ma gli stessi vincolano sol­tanto gli imprenditori iscritti alle associazioni sindacali stipulanti; gli altri finivano con il trovarsi in una zona franca, esclusi da ogni limite, soltanto per i fatto di licenziare due, anziché un solo lavoratore.

I due requisiti individuati dalla giurisprudenza. La giurisprudenza di cassazione pose fine a questa prassi richiedendo come presupposto di e­sclusione dell’applicazione della disciplina dei licenziamenti individuali due condizioni: la motivazione, consistente nella modificazione sostanzia­le dell’attività produttiva, e il rispetto della procedura di consultazione sindacale anche per i datori non vincolati all’osservanza dei contratti col­lettivi. I limiti giurisprudenziali non valsero ad evitare all’Italia censure da parte della Corte di giustizia europea per mancata at­tuazione della direttiva del 1975.

Alla direttiva si è infine data attuazione con la L. 223/1991 che agli artt. 4 e 24 pre­vede due diverse fattispecie di licenziamento collettivo per riduzione di personale, distinto dai licenziamenti individuali plurimi, ai quali si applica la disciplina generale, con il rispetto da parte del datore delle regole di correttezza e buona fede per quanto riguarda la scelta dei lavoratori da li­cenziare.

I lavoratori in cigs e non. La prima fattispecie è quella del licenziamento dei lavoratori in cassa integrazione straordinaria, che doveva essere un’eccezione in quanto la cigs era prevista soltanto per i casi di possibilità di ripresa dell’at­tività produttiva e quindi di continuazione dei rapporti; ma in realtà, per la ripresa della crisi economica a causa della deflazione a livello interna­zionale, con forti ripercussioni in Italia, la cigs è stata nuovamente adoperata, anche dopo la L. 223/1991 come ammor­tizzatore sociale. La seconda fattispecie, quella contemplata dal­l’art. 24, si riferisce al licenziamento dei lavoratori non in cigs, con la specificazione di requisiti numerici, temporali e spaziali che non si applicano, viceversa, all’altra fattispecie.

I requisiti. Il licenziamento dei lavoratori non in cigs, la cui disciplina si applica agli impren­ditori che abbiano complessivamente più di quindici dipendenti, assume il carattere collettivo quando il datore programma cinque licenziamenti, nell’arco di 120 giorni e nella stessa provincia.

Il requisito numerico dei cinque dipendenti si ri­ferisce all’ipotesi della programmazione, non dell’effettuazione, dei cin­que licenziamenti, con la conseguenza della natura collettiva del licenzia­mento anche quando, al termine della procedura di consultazione, i licen­ziamenti si riducano al di sotto di cinque.

Per quanto riguarda il requisito spaziale deve ri­tenersi che sia sufficiente che vi sia la programmazione di cinque licenzia­menti nella stessa provincia anche quando il licenziamento comprenda, in considerazione della causa unificante, anche lavoratori operanti in unità produttive di province diverse, a prescindere dal numero di lavoratori coinvolti. Il requisito temporale non presenta problemi, essendo quello di 120 giorni, arco di tempo nel quale si calcola la programmazione di cinque licenziamenti.

Licenziamenti senza la procedura. Se il lavoratore licenziato indivi­dualmente riesce a dimostrare che il suo licenziamento ha la stessa causa dei licenziamenti di altri cinque lavoratori avvenuti nell’arco di centoventi giorni nell’ambito della stessa provincia, può chiedere l’applicazione delle conseguenze previste in caso di violazione dei limiti ai licenziamenti col­lettivi.

Le cause. Sempre con riguardo ai licenziamenti dei lavoratori non in cigs le cause previste sono cinque:

1) riduzio­ne dell’attività aziendale, con conseguente eccedenza di personale;

2) mo­dificazione dell’attività che dia luogo ad una riduzione di perso­nale;

3) riduzione del lavoro, per ragioni economiche che richiedano una riduzione della spesa del personale;

4) tra­sformazione del lavoro, che esiga personale con diversa qualificazione professionale;

5) cessazione dell’attività aziendale che dà luogo al licenzia­mento totale.

La fattispecie relativa ai lavoratori in cigs. La fattispecie del licenzia­mento dei lavoratori in cigs è rilevante per gli imprenditori ammessi al godimento della cassa integrazione, che sono gli imprenditori con più di quindici dipendenti se industriali o artigianali, e con più di duecento dipendenti se del settore del commercio. La fattispecie non comprende i requisiti numerici, temporali e spaziali fissati dall’art. 24 L. 223/1991, non essendovi alcun richiamo dell’art. 4 all’art. 24. Ne consegue che è licenziamento collettivo anche il licenziamento programmato con meno di cinque dipendenti, an­che se poi è difficile che gli organismi sindacali diano vita alla procedura di consultazione appositamente prevista.

Le cause. Le cause del licenziamento collettivo dei lavoratori in cassa integrazione sono le stesse che danno luogo all’ammissione alla stessa cassa, con l’aggiunta dell’impossibilità di attuare il programma di ripresa dell’attività produtti­va, altro requisito di concessione dell’integrazione.

 

Lascia un commento