Il concetto guida della l. n. 146 del 1990 è quello secondo cui il diritto di sciopero deve esercitarsi nel rispetto di determinati diritti della persona, tutelati costituzionalmente. Tali diritti, comunque, non devono essere rispettati integralmente, ma soltanto in un loro nucleo considerato essenziale e irrinunciabile.
Il co. 1 dell’art. 1 contiene un elenco dei diritti da salvaguardare, mentre il co. 2 identifica concretamente quali sono i servizi rivolti a garantire e a realizzare il soddisfacimento di tali diritti:
- per quanto riguarda la tutela della vita, della salute, della libertà e della sicurezza: sanità, igiene pubblica, protezione civile, smaltimento dei rifiuti, dogane e amministrazione della giustizia.
- per quanto riguarda la tutela della libertà di circolazione: trasporti.
- per quanto riguarda l’assistenza e la prevenzione sociale: servizi di erogazione.
- per quanto riguarda l’istruzione: istruzione pubblica e istruzione universitaria.
- per quanto riguarda la libertà di comunicazione: poste, telecomunicazioni e informazione radiotelevisiva pubblica.
In tale ambito di applicazione, la direttiva della legge è quella del contemperamento fra diritto di sciopero e altri diritti della persona. Tale direttiva richiede che l’esercizio del diritto di sciopero consenta l’erogazione delle prestazioni indispensabili a garantire l’effettiva tutela del contenuto essenziale dei diritti di cui all’art. 1 co. 1.
Nella fase di attuazione della legge, quindi, il nodo cruciale è quello di come stabilire le procedure da seguire e le regole da rispettare, relativamente a tali prestazioni:
- un primo tratto di tale operazione determinativa è compiuto dalla legge stessa:
- le parti, prima di proclamare uno sciopero, sono tenute ad attivare le procedure di raffreddamento e di conciliazione previste dai contratti collettivi, instaurando così una fase rivolta alla composizione della vertenza (sciopero come ultima ratio).
- i soggetti sindacali, dopo aver esperito negativamente le procedure sopra citate, sono abilitati a proclamare lo sciopero. All’atto di tale proclamazione, tuttavia, devono comunicare per iscritto, entro dieci giorni, la durata, le modalità di attuazione e le motivazioni dell’astensione collettiva dal lavoro. Dopo la comunicazione all’utenza di questi elementi, l’eventuale revoca dello sciopero costituisce una forma sleale di azione sindacale e viene quindi valutata dalla Commissione.
Quanto detto in tema di preavviso minimo e di indicazione della durata non si applica nei casi di:
- astensione dal lavoro in difesa dell’ordine costituzionale.
- scioperi di protesta contro gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori.
- le parti devono indicare intervalli minimi da osservare fra l’effettuazione di uno sciopero e la proclamazione del successivo. Tale disposizione ha portato alla creazione di due regole:
- rarefazione soggettiva: un sindacato che proclama uno sciopero in un determinato servizio non può, in quel medesimo servizio, proclamare un secondo sciopero, se non dopo che sia trascorso un certo lasso di tempo dall’effettuazione del precedente sciopero.
- rarefazione oggettiva: gli scioperi proclamati all’interno di un determinato servizio devono essere distanziati fra loro da un certo lasso di tempo, indipendentemente dal soggetto proclamante.
- un secondo tratto è lasciato alla contrattazione collettiva, tramite il consueto rinvio , il quale, tra l’altro, non specifica particolari requisiti di rappresentatività. L’attività dei contratti collettivi è rivolta ad individuare le prestazioni indispensabili vere e proprie: spetta ad essi, infatti, prevedere le misure che possano disporre l’astensione dallo sciopero di quote strettamente necessarie di lavoratori, tenuti alle prestazioni, oppure possano disporre forme di erogazione periodica .
Non ci sono comunque dubbi sul fatto che, una volta stipulati i contratti collettivi, le prescrizioni dei medesimi abbiano una valenza erga omnes.
Alla luce di quanto previsto dalla legge, il diritto di sciopero dei lavoratori in qualche modo coinvolti dalle misure previste dai contratti collettivi si riduce in corrispondenza, facendo spazio a possibili inadempimenti. Essi, tuttavia, incidono soltanto sul piano del rapporto di lavoro, e non anche su quello dell’ordinamento penale: un’importante novità della legge, infatti, è stata proprio l’aver abolito le disposizioni penali che minacciavano l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi essenziali.