Tracciati i confini del rapporto di lavoro subordinato, occorre preoccuparsi di ciò che, pur essendo nelle sue immediate vicinanze, non è tradizionalmente ritenuto parte del campo di interesse del diritto del lavoro. Nei fatti, peraltro, tale restrizione dell’ambito della disciplina deve ritenersi superata, essendo emerse istanze di tutela di lavoratori che, pur senza essere subordinati, sono caratterizzati da un’identica debolezza economico-sociale. In casi di questo tipo, si è soliti parlare di una condizione di dipendenza economica , che ricorre ovviamente in tutti i lavoratori subordinati, ma può riguardare anche molte figure di lavoratori autonomi.

 Le istanze di tutela dei lavoratori non subordinati sono state realizzate in maniera ancora incompleta e occasionale, pertanto, rimane ancora sulla sfondo l’eventuale prospettiva di uno Statuto dei lavori , che, trattando paritariamente il lavoro subordinato e le altre forme di lavoro, possa operare una redistribuzione complessiva delle tutele in rapporto alle condizioni di effettivo bisogno.

A fronte di questa problematica, le ipotesi di evoluzione prospettate sono sostanzialmente di tre tipi:

  • l’estensione, pura e semplice, dei diritti del lavoro subordinato anche a beneficio di vaste aree di lavoro autonomo. Tale proposta, tuttavia, viene criticata, in quanto giudicata eccessivamente rigida, costosa e anacronistica.
  • l’estensione limitata di alcuni principali diritti in favore dei lavoratori autonomi in condizione di maggiore bisogno, fermo restando, per i lavoratori subordinati, il mantenimento degli standard acquisiti. Tale proposta è stata elaborata nell’ambito di un Governo di centro-sinistra della seconda metà degli anni ’90 col nome di Statuto dei lavori .
  • l’estensione di un nucleo essenziale di diritti ai lavoratori autonomi connotati da condizioni di debolezza, con la parallela riduzione di alcune tutele previste per i lavoratori subordinati, onde evitare di innalzare eccessivamente i costi del lavoro a carico del sistema produttivo. Tale proposta, sviluppata nel Libro Bianco del 2001, è stata successivamente ripresa nel d.lgs. n. 276 del 2003.

Successivamente il tema di un possibile diritto dei lavori è stato abbandonato, ma è difficile pensare che esso non tornerà all’attenzione nel prossimo futuro, a causa della crescente difficoltà di accettare l’idea che possano esistere lavoratori altrettanto, se non più deboli di quelli subordinati, che però non hanno titolo ad alcuna protezione. Si allude non soltanto alla protezione normativa nei riguardi del committente/ datore di lavoro, quanto alla protezione sociale assicurata dal sistema del Welfare, ai fini del quale dovrebbe contare la condizione di cittadino

Lavoro autonomo

L’art. 2222 definisce il lavoro autonomo come quel contratto con cui una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente . Come detto, la differenza tra tale fattispecie e quella attigua della subordinazione, consiste nel fatto che l’obbligo che si assume il prestatore di lavoro ha per oggetto il compimento di una certa opera o di un certo servizio (opus). Lo stesso articolo prevede che al contratto di lavoro autonomo si applichino gli artt. 2223 e ss., nei quali, con riferimento ai passaggi principali del rapporto, si esaurisce la regolamentazione del tipo contrattuale in questione, oltretutto con norme di carattere meramente dispositivo e non imperativo. Nella sostanza, quindi, la disciplina dei singoli contratti di lavoro autonomo rimane pienamente affidata, al di là della labile cornice legislativa, all’autonomia negoziale a livello individuale

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