La retribuzione è considerata dalla legge come base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali ed altresì come reddito imponibile ai fini fiscali.

Se l’art. 12 della legge n°153 del 1969 offriva una definizione molto ampia della retribuzione a fini previdenziali, riferendosi a tutto ciò che il datore corrispondeva al lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro, il decreto legislativo n° 314 del ’97 ha modificato ed integrato gli artt. 46, 47, 48 del Testo Unico delle imposte sui redditi, introducendo una nuova definizione della base imponibile ai fini fiscali per ciò che concerne i redditi da lavoro dipendenti ed assimilati, fornendo una nozione di reddito da lavoro dipendente ai fini contributivi e con questa definizione (non si parla più di retribuzione) ha riformulato l’art. 12 della l. 153/69.

Ai fini di stabilire quali siano i redditi da lavoro dipendente “ai fini contributivi”, l’attuale art. 12 riformulato rimanda espressamente all’art. 46 del Testo Unico delle imposte sui redditi, il quale definisce come redditi da lavoro dipendente ai fini fiscali quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato lavoro dipendente dalla legislazione sul lavoro.

Anche il 2° comma dell’art. 12, per la determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale, rimanda all’art. 48 del Testo Unico, secondo il quale il reddito è costituito “da tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti, anche sotto forma di erogazioni liberali al lordo di qualsiasi contributo o trattenuta”.

Per essere assoggettate ai fini fiscali o previdenziali, dunque, occorre semplicemente che le somme siano state erogate al prestatore di lavoro in relazione al rapporto di lavoro.

Bisogna specificare, però, che sono escluse dall’imposizione contributiva le somme corrisposte a titolo di trattamento di fine rapporto o in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori. Possono essere anche escluse, anche se entro certi limiti, somme, previste da contratti aziendali, correlate a d incrementi di produttività.

La legge riconosce all’autonomia collettiva un ruolo determinante anche ai fini previdenziali, in quanto rinvia ad essa la determinazione della nozione di retribuzione contributiva minima.

 

 

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