La carta dei diritti fondamentali, sottoscritta a Nizza nel 2000, contempla, all’articolo 12, la libertà sindacale e il diritto dei lavoratori all’informazione e alla consultazione nell’ambito dell’impresa e il diritto di negoziazione e di azione collettiva, ivi compreso lo sciopero. Però la libertà sindacale e riconosciuta come semplice libertà di associazione: la norma, infatti, è genericamente diretta a tutelare quest’ultima è la menzione del fine sindacale ha una funzione meramente esemplificativa (ben più pregnante è il riconoscimento della libertà sindacale nell’articolo 39 della nostra costituzione).
Un limite maggiore è quello della mancata attribuzione di valore giuridico alla carta: questa, infatti, è solo una dichiarazione politica ancorché solenne comune ai tre organi politici dell’Unione Europea, consiglio, commissione e parlamento.
La mancata inclusione della carta nei trattati fa sì che sia tuttora vigente la norma inserita dal trattato di Amsterdam, che esclude espressamente dalla competenza normativa comunitaria la libertà sindacale e il diritto di sciopero: su di essa gli organi comunitari non possono assumere alcuna decisione giuridicamente vincolante. Una competenza comunitaria, invece, c’è in materia di rappresentanza e difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro, anche se può essere esercitata dal consiglio solo all’unanimità.
La libertà sindacale è anche oggetto di numerose norme di diritto internazionale. Vanno menzionate le convenzioni n. 87 e 98 dell’O.I.L.[1], che nel nostro ordinamento interno, hanno ricevuto ratifica e ordine di esecuzione con la legge 367 del 1958. Tali convenzioni riguardano la materia della libertà sindacale sotto due distinti profili:
- libertà sindacale nei confronti dello Stato e
- diritto di organizzazione e contrattazione collettiva nei rapporti interprivati.
La convenzione 87 dispone principalmente che i lavoratori e i datori di lavoro, senza discriminazione di sorta, hanno diritto di costituire organizzazioni sindacali e di aderire alle stesse; esclude, inoltre, che le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro possano venire sottoposte a provvedimenti amministrativi di scioglimento o di sospensione.
La conversione n. 98 stabilisce che i lavoratori debbano godere di una protezione adeguata contro qualsiasi atto di discriminazione antisindacale posto in essere dai datori di lavoro. La stessa garanzia è riconosciuta a favore delle organizzazioni sindacali, prevedendosi come illecito ogni atto di ingerenza di un’associazione di datori di lavoro nei confronti delle associazioni dei lavoratori o viceversa. Questa convenzione fa esplicita menzione dell’attività sindacale come distinta dalla libertà di costituire associazioni o di aderirvi.
A queste fondamentali convenzioni se ne aggiungono altre che riguardano settori particolari o specificazioni dirette a conferire effettività ai principi:
- patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, dell’Onu, che prevede l’impegno per gli stati di garantire, oltre la libertà sindacale anche il diritto di sciopero;
- la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo delle libertà fondamentali del 1950 che determina l’obbligo per gli stati firmatari di garantire il diritto di associazione sindacale;
- La carta sociale europea nella quale non solo viene ribadito il principio di libertà dell’organizzazione sindacale, ma lo stesso viene coerentemente svolto nel riconoscimento del diritto alla contrattazione collettiva e del diritto all’autotutela compreso il diritto di sciopero.
[1] L’organizzazione internazionale del lavoro è un’istituzione internazionale specializzata nella regolamentazione della materia del lavoro. Fu fondata dopo la prima guerra mondiale con il trattato di Versailles quale istituzione della società delle nazioni e poi modificato nel 1945 in vista della collocazione della sua struttura e della sua azione nell’ambito dell’Onu. Il suo compito è quello di promuovere, sul piano internazionale, il miglioramento delle condizioni dei lavoratori attraverso la predisposizione di particolari accordi internazionali, le c.d. convenzioni, che gli stati membri sono obbligati a sottoporre agli organi interni competenti ad autorizzare la ratifica e a emanare le norme di esecuzione. Accanto alle convenzioni, provengono dall’OIL, le raccomandazioni che contengono indicazioni programmatiche prive di valore vincolante, formulate per richiamare l’attenzione degli stati membri sui problemi trattati.