La legittimazione a contrarre
 Quanto all’individuazione dei soggetti che devono contrarre non esiste nessun obbligo a riguardo, a meno che un precedente contratto non li abbia fatti insorgere. La legittimazione a contrarre deriva dal contegno e dalla volontà dei soggetti; a tale proposito si può escludere l’esistenza di un principio di parità fra i sindacati. La convenienza a far partecipare le organizzazioni più rappresentative è evidente: se esse ne fossero escluse potrebbero vanificare i contenuti degli accordi con degli scioperi.
Nei rapporti privati sono legittimati a negoziare tutti i sindacati, riconosciuti dal datore come tale, senza fare riferimento alla loco consistenza numerica.
Forma, durata e il rinnovo del contratto collettivo
La forma del contratto collettivo è libera, anche se ben difficilmente si potrà trovare un contratto collettivo di forma orale. Infatti per l’importanza delle regole, alcune procedimentali, altre volte ad avere effetto nella sfera dei singoli, essi vengono considerati da stipularsi in forma scritta.
La giurisprudenza della corte di cassazione ha previsto una cd. Forma integrativa laddove essa serve non per l’esistenza dell’atto, ma per l’untegrazione dei suoi effetti.
Quanto alla durata, bisogna considerare che il contratto collettivo è un atto dinamico, soggetto a numerosi cambiamenti per adattarlo alle esigenze contingenti. Alla stipulazione di solito è prevista una scadenza, generalmente pluriennale, talora con la possibilità di rinnovo tacito.
Il protocollo d’intesa del 93 ha reso omogenea la contrattazione, dividendola in due livelli, uno nazionale, l’altro territoriale o aziendale; il primo avrebbe durata quadriennale per la parte normativa e biennale per la parte economica, il secondo avrebbe invece durata quadriennale.
I contratti nazionali costituiscono anche una piattaforma contrattuale per le fonti degli altri livelli.
Per quanto riguarda la durata della validità , in teoria sarebbe vietata l’ultrattività dei contratti, come avveniva nel regime corporativo, mentre in pratica tale ultrattività viene anche prevista dalle intese sindacali, soprattutto per i contratti nazionali, fino all’entrata in vigore dei nuovi.
Per quanto riguarda gli accordi interconfederali, può accadere che essi abbiano efficacia retroattiva rispetto all’entrata in vigore, laddove il singolo lavoratore non ha pretese di stabilità sulle situazioni ancora in fieri, mentre per quanto riguarda i diritti già entrati a far parte del patrimonio giuridico dei lavoratori, quelli restano invariati con il cambiamento di regime. Si ritiene che eventuali miglioramenti economici possano avere effetto per un lavoratore che, all’entrata in vigore, non lavori più presso il datore: questo perché il vincolo associativo permane e con esso il vincolo di rappresentanza.