La legge quadro ( legge n. 93 del 1983), prevedeva una speciale contrattazione collettiva per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni la cui efficacia era condizionata al recepimento ed un atto avente forza di legge e i contenuti della quale erano limitati a materie tassativamente individuate rispetto a quelle necessariamente riservate alla legge.
La privatizzazione del pubblico impiego ha consentito di superare anche quella esperienza, prevedendo una contrattazione collettiva del pubblico impiego che si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro e alle relazioni industriali.
La durata, la struttura ai rapporti tra diversi livelli della contrattazione sono determinati, per quella del pubblico impiego, in coerenza con il settore privato dalla stessa contrattazione collettiva.
I contratti collettivi del pubblico impiego disciplinano anche rapporti sindacali e gli istituti della partecipazione nonché le materie agli atti interni organizzazione aventi riflesso sul rapporto di lavoro.
La contrattazione collettiva del pubblico impiego può essere assimilata quella del diritto comune perché il contratto collettivo dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni è previsto e regolato dalla legge che detta una disciplina speciale, non ha diritto comune e non è esclusivamente regolato dalle disposizioni della legge che disciplinano il contratto in genere.
Efficacia e inderogabilità della contrattazione collettiva del pubblico impiego
La speciale disciplina di legge che tengono la contrattazione del pubblico impiego né risolve il problema dell’efficacia generale e dell’inderogabilità.
La legge attribuisce all’A.R.A.N. la rappresentanza legale dell’amministrazioni pubbliche e rende efficace del loro confronti la contrattazione collettiva e a prescindere dalla loro adesione e impone alle pubbliche amministrazioni di adempiere agli obblighi derivanti dai contratti collettivi nazionali o integrativi e di assicurarne l’osservanza delle forme previste dai rispettivi ordinamenti. Inoltre, la legge obbliga quelle amministrazioni a garantire ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale.
L’applicazione del contratto collettivo deriva, non già da una generalizzata previsione di obbligatorietà di questo, bensì da dovere di imparzialità gravante sulle pubbliche amministrazioni. I giudici hanno ritenuto che l’obbligatorietà del contratto collettivo deriva da ciò che quest’ultimo rinviene nel contratto individuale di lavoro, costituente la fonte regolatrice del proprio rapporto: l’obbligo di conformarsi nasce proprio dal rinvio alla disciplina collettiva.