Non esiste una definizione prescrittiva di cosa si intenda per mercato del lavoro. Convenzionalmente, con quel termine, si fa riferimento a quell’insieme di misure che mirano a regolare la fase dell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro (il “collocamento”, secondo la terminologia tradizionale). Ma esso, in una accezione più ampia, ricomprende anche gli interventi volti a stimolare e agevolare tale incontro, mediante azioni di sostegno a favore dei soggetti in cerca di una prima o di una nuova occupazione (le c.d. “politiche attive”) o mediante la previsione di modelli contrattuali che, tramite opportune regolamentazioni, sono destinati alla promozione dell’impiego di specifiche categorie di soggetti (come i c.d. “contratti di ingresso” e i contratti a contenuto formativo) o dell’occupazione in generale.

Poiché la finalità prioritaria perseguita dal legislatore è quella di far crescere l’occupazione, la disciplina del mercato del lavoro è oggi una parte fondamentale del sistema di protezione del lavoro. Si può, anzi, affermare che le politiche occupazionali finiscono con influenzare anche le misure relative alla disciplina del rapporto di lavoro e la legislazione in materia previdenziale.

Nell’immediato secondo dopoguerra, il collocamento dei lavoratori è stato regolato dalla legge 264 del 1949, che prevedeva il monopolio pubblico di tale funzione. Il collocamento pubblico si è, però, rivelato totalmente inefficiente e incapace di realizzare, e tantomeno di promuovere, l’incontro tra la domanda di lavoro da parte delle imprese e l’offerta di lavoro da parte di soggetti in cerca di impiego.

A partire dall’ultimo decennio del secolo scorso, si sono succeduti molteplici interventi, le cui linee di fondo sono state il decentramento delle competenze e il superamento del monopolio pubblico. In particolare, con la legge 469 del 1997, lo Stato ha conservato soltanto un ruolo generale di indirizzo, promozione e coordinamento, mentre alle Regioni e agli enti locali sono state conferite le funzioni e i compiti relativi al collocamento e alle politiche attive.

Inoltre, con la riforma del titolo V della Costituzione, alle Regioni è stata devoluta anche la potestà di legislazione concorrente in materia di “tutela e sicurezza del lavoro”, il cui nucleo centrale è rappresentato proprio dalla disciplina dei servizi per l’impiego, aprendo così nuovi spazi per gli interventi regionali sui mercati del lavoro locali. Il monopolio pubblico è venuto meno per effetto di due processi convergenti. Per un verso, sono stati eliminati i vincoli formali e burocratici che imponevano che l’incontro tra domanda e offerta di lavoro avvenisse necessariamente tramite istituzioni e procedure di natura pubblicistica.

Così, si è progressivamente affermato il principio della cd. “assunzione diretta”, in base al quale datore di lavoro e lavoratore sono liberi di stipulare il contratto di lavoro senza l’obbligo di farne richiesta agli uffici pubblici. Obblighi di natura formale sono stati conservati, o introdotti ex novo, esclusivamente allo scopo di acquisire le informazioni necessarie per assicurare il corretto funzionamento del mercato del lavoro.

In questa direzione, si collocano, in particolare: a) l’obbligo di comunicare al centro per l’impiego l’instaurazione di ogni rapporto di lavoro, di regola almeno 24 ore prima dell’inizio del rapporto stesso, precisando, tra l’altro, data di assunzione e tipologia contrattuale; b) l’obbligo del datore di lavoro di tenere un “libro unico del lavoro” nel quale devono essere inseriti i dati personali dei collaboratori. Per una ulteriore semplificazione degli adempimenti amministrativi, a decorrere dal 1 gennaio 2017, il libro unico del lavoro sarà tenuto in modalità telematica presso il Ministero del Lavoro.

Il legislatore nazionale ha previsto che, nella prospettiva del miglioramento dell’efficienza del sistema di collocamento, ad esso possano prendere parte anche soggetti privati. Precisamente, alle agenzie per il lavoro è consentito di svolgere attività di intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale e somministrazione di lavoro (sia a tempo determinato, che a tempo indeterminato), fermo restando il divieto di percepire, per tali attività, compensi a carico del lavoratore. Poiché le attività di cui trattasi concorrono alla realizzazione di un “servizio pubblico”, la legge prevede regimi diversificati di “autorizzazione” o “accreditamento” per l’esercizio delle attività stesse sull’intero territorio nazionale, o anche limitatamente a singole regioni.

Inoltre, al fine di ampliare i fornitori dei servizi nel mercato del lavoro, sono stati previsti regimi agevolati di autorizzazione a favore di determinati soggetti, quali università, comuni, scuole, associazioni sindacali, enti bilaterali costituiti da queste ultime, i gestori di siti internet.

 

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