Il lavoro come quota sociale in società di persone. La prestazione di lavoro potrebbe essere dedotta anche in un contratto di società pecunia pera. Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’ attività economica. al fine di divi­derne gli utili (art. 2247 cc.).

La quota sociale può essere di capitale o di servizi; in questi ultimi può entrare la prestazIone di lavoro subordinato, come risulta confermato dal­la legge sull’artigianato del 1985 n. 199, in base alla quale l’impresa arti­giana può anche essere collettiva, come società di persone in cui la mag­gioranza dei soci partecipi al lavoro, preminente sul capitale.

Nella pratica è difficile che si riscontri una società con il conferimento di un’obbligazione di lavoro subordinato. Se accadesse, occorrereb­be valutare se il contratto di società non dissimuli un vero e proprio con­tratto di lavoro subordinato, cui è collegata la specifica tutela; la quale sa­rebbe viceversa esclusa nel caso in cui l’obbligazione di lavoro subordina­to venga dedotta nel contratto di società.

    Società di capitale: compatibilità tra socio e lavoratore. Altro problema è se il socio di una società commerciale possa essere ad un tempo lavoratore subordinato della stessa società. La risposta è certamen­te positiva quando si tratta di un socio di una società di capitale e quando le quote di capitale siano di scarsa importanza (si pensi al dipendente della Fiat, che abbia qualche azione della stessa). Nel caso di una socie­tà di persone occorre verificare se il socio, come quello accomandatario, abbia la gestione illimitata dell’impresa; in tal caso il rapporto di lavoro sarebbe incompatibile con quello societario, in quanto vi sarebbe un rap­porto di subordinazione con se stesso.

E tra amministratore e dipendente. Alla stessa conclusione deve giun­gersi per l’amministratore, che potrebbe anche non essere un socio. Se l’amministratore sia soltanto il componente del consiglio di amministra­zione, al quale ultimo spetta la gestione dell’impresa, il rapporto di lavoro subordinato è compatibile con quello di amministratore; se, viceversa, si tratta di un amministratore unico delegato, con poteri illimitati, la compa­tibilità deve essere esclusa.

 

La cooperativa di produzione e di lavoro

Molto rilevante è la figura della cooperativa di lavoro che ha come scopo mutualistico quello di procurare un lavoro ai propri soci a condizioni anche più favorevoli di quelle previste per tutti gli altri lavoratori della stessa categoria e qualifica professionale.

Il modo attraver­so il quale la società cooperativa può procurare lavoro ai propri soci non è quello di collocarli presso altri datori di lavoro. Se così facesse violerebbe il divieto d’intermediazione di mano d’opera, che ancora esiste nonostan­te l’introduzione del lavoro interinale che comunque non può essere affidato ai soci di cooperativa di lavoro. Occorre che la cooperativa eserciti essa stessa un’attività im­prenditoriale presso la quale occupare i propri soci ed è per tale ragione che la cooperativa di lavoro deve essere anche cooperativa di produzione.

Natura del rapporto. Problema complesso è stato prima della L. 142/2001 modificata dall’art. 9 della legge approvata il 5 febbraio 2003 quello della natura del rapporto tra il socio lavoratore e la cooperativa.

Tesi della subordinazione. Parte della dottrina, in base alla constata­zione che nella realtà tra il socio e la cooperativa viene a crearsi un rap­porto simile a quello che si crea in qualsiasi altro rapporto di lavoro, riteneva che quello tra socio lavoratore e cooperativa fosse un rapporto di lavoro subordinato.

La simulazione del rapporto societario. Tale tesi ha trovato riscontro in parte della giurisprudenza di merito, secondo la quale il rapporto tra socio lavoratore e cooperativa doveva essere qualificato, nonostante lo schermo simulatorio della cooperazione, come un rapporto di lavoro su­bordinato in presenza dei seguenti requisiti: a) la corresponsione del cor­rispettivo che esclude un apprezzabile rischio per il lavoratore; b) l’assog­gettamento del socio-lavoratore al potere disciplinare e gerarchico dell’organo che assume le scelte di fondo; c) esclusione del so­cio lavoratore da ogni potere di controllo sulla gestione economica del­l’impresa.

Tesi del doppio rapporto. Altra dottrina aveva sostenuto l’esistenza di due diversi rapporti, uno societario in base al quale il socio versa la quota sociale di capitale e si costituisce il titolo per il diritto ad un’occupazione; ed un secondo rapporto, consistente nell’obbligo di svolgimento della prestazione di lavoro.

Unico rapporto societario, salvo un’ipotesi. La maggioranza della giu­risprudenza affermava, nonostante l’esercizio di un potere gerarchico, e fuori dall’ipotesi della simulazione, l’esistenza di un unico rapporto di natura societaria, salvo il caso in cui la prestazione di lavoro fosse estranea all’oggetto sociale; e la giurisprudenza riteneva che fosse estranea l’attività degli impiegati e dei tecnici ammessi come soci nei limiti di legge (dpr. 604/1970).

Rilevante la parasubordinazione. Più di recente la stessa giurispruden­za era giunta alla conclusione che il rapporto, pur essendo societario, pre­sentasse le caratteristiche della parasubordinazione, che può riferirsi an­che al lavoro associato. Ne era derivata anzitutto la conseguenza della giurisdizione del lavoro.

Il doppio rapporto nella nuova legge. Il problema è ormai superato dalla L.3 aprile 2001 n.142, secondo la quale, in accoglimento della tesi del doppio rapporto, si costituiscono un rapporto societario dal quale deriva il diritto del socio ad occasioni di lavoro, ed un rapporto di lavoro non necessariamente subordinato, la cui natura deve es­sere valutata caso per caso tenendo conto della volontà manifestata dalle parti, anche in considerazione del modo come il rapporto si è svolto.

L’obbligo di un regolamento attinente al lavoro. Le cooperative di la­voro hanno l’obbligo di emanare un regolamento, approvato dall’assem­blea, sulla tipologia dei rapporti che s’intendono instaurare con i soci la­voratori, sui contratti collettivi applicabili in caso di lavoro subordinato, sulle modalità di svolgimento delle prestazioni, sulle misure per fronteggiare la crisi dell’impresa, con eventuale riduzione temporanea dei trattamenti econo­mici integrativi, eventualmente adottati (art. 6 L. 142/2001).

Giurisdizione del Tribunale ordinario. Le controversie tra socio e cooperative relative alla prestazione mutualistica – sembrerebbe anche quella di lavoro – sono di competenza del Tribunale ordinario (art. 5 co. 2. L. 142/2001, come modificato dall’art 9 lett. d. della legge approvata il 5 febbraio 2003).

La tutela. La più recente normativa aveva esteso ai soci lavoratori, cui si applicano speciali contratti collettivi, aspetti importanti della legislazio­ne del lavoro -garanzie dei crediti di lavoro in caso d’insolvenza, tutela previdenziale contro la disoccupazione, indennità di mobilità (art.24 L.196/1997)- che si aggiungevano alla tutela già predisposta in materia di orario e di riposi, di assegni familiari, d’infortunistica, di maternità.

La maggioranza della giurisprudenza, specie di cassazione, affermava, nonostante l’esercizio di un potere gerarchico, e fuori dall’ipotesi della simulazione, l’esistenza di un unico rapporto di natura societaria, salvo il caso in cui la prestazione di lavoro fosse estranea all’oggetto sociale.

Il doppio rapporto nella nuova legge. Successivamente, secondo la l. 142/01, in accoglimento della tesi del doppio rapporto, si costituiscono un rapporto societario dal quale deriva il dito del socio ad occasioni di lavoro , ed un rapporto di lavoro la cui natura deve essere valutata caso per caso, tenendo conto della volontà manifestata dalle parti e delle modalità di svolgimento della prestazione. Oggi l’ art. 9 della l 30/03 stravolge il significato della l. 142/01, escludendo che il rapporto di lavoro del socio sia distinto da quello associativo.

Le cooperative di lavoro hanno l’obbligo di emanare un regolamento sulla tipologia dei rapporti che si intendono instaurare con i soci lavoratori, sui contratti collettivi applicabili in caso di lavoro subordinato, sulle modalità di svolgimento delle prestazioni. Deve ora ritenersi che si applichi ai soci lavoratori la normativa, sia la­voristica che previdenziale relativa alla natura del rapporto instaurato; alcune norme dello statuto dei lavoratori, come quelle sulla libertà di pen­siero nei luoghi di lavoro, sul divieto d’indagini sulla vita privata, sulla li­bertà sindacale all’interno dei luoghi di lavoro e sul divieto di discrimina­zioni, e le norme di prevenzione si applicano anche ai lavoratori non su­bordinati, in particolare ai lavoratori coordinati e continuativi (art. 2 L. 142/2001).

Trattamento economico. Il trattamento economico per tutti i soci la­voratori deve essere proporzionato alla quantità e qualità di lavoro e comunque non inferiore ai minimi previsti dai contratti collettivi nazionali di settore o di categoria o, in mancanza, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo (art. 3 L. 142/2001).

Estinzione del rapporto. Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione del socio, deliberati nel ri­spetto delle previsioni statuarie e in conformità con gli artt. 2526 e 2527 c.c., con conseguente esclusione, anche per i rapporti di lavoro subordina­to, dalla disciplina sui licenziamenti (art. 5 co. 2 L. 142/2001, come modi­ficato dall’art. 9 lett. d. della legge approvata il 5 febbraio 2003).

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