L’obbligo generale di sicurezza, così come gli obblighi previsti dalle disposizioni speciali che prevedono specifiche misura di sicurezza, hanno una chiara ed immediata finalità prevenzionale, ossia di evitare che si verifichi un danno alla persona del lavoratore. A tale fine, per rafforzare quegli obblighi, sono previste sanzioni amministrative e penali. Nel caso delle sanzioni pecuniarie amministrative, il trasgressore, al fine di estinguere l’illecito amministrativo, è ammesso al pagamento di una somma pari alla misura minima qualora provveda a regolarizzare la propria posizione entro il termine assegnatogli.
Anche nei reati contravvenzionali, è applicata la tecnica (cosiddetta tecnica penale ingiunzionale), che è basata sulla attribuzione agli organi di vigilanza del potere di prescrivere al datore di lavoro l’adozione di specifiche misure “allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata”. Il tempestivo adempimento delle misure prescritte, unitamente al pagamento di una somma in sede amministrativa, estingue il reato. Il lavoratore, in via di autotutela, può rifiutarsi di svolgere la sua prestazione quando valuti che esistano condizioni di pericolo, eccependo l’inadempimento del datore di lavoro agli obblighi su di esso gravanti.
La legge stessa consente al lavoratore di allontanarsi dal posto di lavoro nel caso in cui il pericolo “sia grave, immediato” e non possa “essere evitato”. Tuttavia, ove l’inadempimento del datore di lavoro e il pericolo risultino insussistenti, il lavoratore si espone al rischio che il rifiuto della prestazione e l’allontanamento dal posto di lavoro vengano considerati non giustificati e, quindi, sanzionati dal datore di lavoro. Infine, a favore del lavoratore è prevista la tutela assicurativa pubblica contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Nei casi in cui non opera l’esonero della responsabilità civile che l’assicurazione stessa comporta, il datore di lavoro è tenuto a risarcire il lavoratore dei danni subiti a causa di infortuni o malattie che siano stati determinati dalla violazione degli obblighi di sicurezza. Al riguardo, è oggi riconosciuto che la responsabilità del datore di lavoro, derivante dalla violazione di tali obblighi, ha natura contrattuale, posto che tanto l’articolo 2087 del codice civile, quanto le disposizioni specifiche che impongono misure tipizzate, integrano l’insieme delle posizioni soggettive passive che dal contratto di lavoro sorgono nei confronti del datore di lavoro.
La giurisprudenza ammette, peraltro, che con la responsabilità contrattuale possa concorrere quella aquiliana, ove ne ricorrano gli specifici presupposti e, in particolare, l’esistenza di un “fatto doloso o colposo” imputabile al datore di lavoro. Di fatto, la responsabilità extracontrattuale viene invocata esclusivamente laddove il lavoratore debba avvalersi della prescrizione più lunga prevista dal secondo comma dell’articolo 2947 del Codice Civile (e, cioè, nel caso in cui il fatto illecito configura un reato per il quale è stabilita una prescrizione più lunga dell’ordinario termine decennale).
In ogni caso, poiché la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, si ritiene che, nel caso in cui la violazione dell’obbligo di sicurezza abbia determinato l’insorgere di una malattia professionale, la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il lavoratore ha avuto piena consapevolezza della malattia e della sua origine professionale, e si è verificato un danno alla salute. Laddove ad un primo evento lesivo seguano ulteriori conseguenze pregiudizievoli, l’azione risarcitoria per queste ultime decorre dal loro effettivo prodursi, se esse integrano nuove ed autonome lesioni e non costituiscono un mero sviluppo ed aggravamento di un danno già insorto.
La responsabilità contrattuale presuppone pur sempre un inadempimento, non essendo possibile configurare una responsabilità “oggettiva” del datore di lavoro per qualsiasi evento lesivo subito dal dipendente. La responsabilità , però, ricomprende anche i fatti lesivi che siano conseguenza del comportamento di un preposto o di un dipendente, rispondendo il datore di lavoro per propria culpa in vigilando o in eligendo.
Secondo l’orientamento prevalente, stante il potere-dovere di vigilanza del datore di lavoro, questi è responsabile anche nell’ipotesi di colpa del prestatore di lavoro, tranne il caso in cui la condotta di quest’ultimo presenti i caratteri “della abnormità , inopinabilità , esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute” o dell’assoluta imprevedibilità , ovvero il caso del cd. rischio elettivo, ossia di quel rischio ricollegabile ad una particolare situazione nella quale il prestatore di lavoro si sia venuto a trovare per propria scelta volontaria ed arbitraria.
Va, però, ricordato che il potere di controllo della prestazione lavorativa non implica quello di sorveglianza continua e che il nuovo sistema “partecipato” della tutela della sicurezza poggia anche sul diretto coinvolgimento, e sulla conseguente responsabilità , del lavoratore stesso. Coinvolgimento e responsabilità necessari perché la tutela sia effettiva e progredisca verso livelli più elevati.