Il problema dell’identità dello sciopero si ripropone in relazione alle finalità per le quali lo sciopero viene proclamato ed attuato. Deve innanzitutto essere sottolineato un denominato concettuale comune di tutte le teorie dello sciopero, vale a dire la necessaria finalizzazione dell’astensione dal lavoro all’autotutela di un interesse collettivo (non individuale). Ovviamente, se lo sciopero è sindacale , la sua rilevanza collettiva è praticamente scontata.

Secondo la concezione prevalente, lo sciopero consisterebbe in un’astensione concertata dal lavoro a tutela di un interesse professionalmente collettivo, definizione questa che ha rappresentato il presupposto concettuale dell’individuazione di limiti interni al diritto di sciopero, cioè della riconduzione allo sciopero-diritto del solo sciopero economico-professionale. Restavano quindi fuori da tale definizione le altre figure di sciopero (es. sciopero di solidarietà), nonché gli scioperi caratterizzati dalla proposizione di pretese per definizione non disponibili da parte dei datori di lavoro.

All’epoca della prima elaborazione di tale teoria, queste varie figure di sciopero erano prese in considerazione da disposizione del codice penale del 1930. In seguito, al contrario, la Corte costituzionale ha cominciato a ritagliare le residue fattispecie di sciopero-reato, con interventi che hanno avuto una decisiva influenza anche sul piano dell’affermazione del concetto di sciopero come diritto. La Corte, quindi, è praticamente arrivata ad ammettere la liceità dello sciopero attuato per l’autotutela di un interesse collettivo da intendersi ormai in termini molto ampi. Da lì ad una piena legittimazione non soltanto dello sciopero di solidarietà, ma anche di quello rivolto nei confronti della pubblica autorità, il passo è breve.

Restava lo sciopero puramente politico , sul quale la Corte costituzionale si è infine espressa (sentenza n. 290 del 1974) in relazione all’art. 503 c.p. Tale articolo è stato dichiarato illegittimo, facendosi però salve, e quindi reputandosi ancora incriminabili, le ipotesi estreme dello sciopero sovversivo e di quello volto ad impedire ed ostacolare il libero esercizio dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranità popolare. Proprio dalla giurisprudenza della Consulta ha preso avvio una dinamica animata da una lettura in termini ampi del concetto di interesse collettivo, la quale ha portato, tra le altre cose, al riconoscimento della legittimità di uno sciopero proclamato contro l’intervento militare italiano in Kosovo, ossia per motivi indiscutibilmente politici

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