Il d.lgs. n. 276 del 2003 ha regolato l’istituto del distacco del lavoratore. Tale ipotesi, rappresentando un’eccezione al principio della coincidenza fra titolare del rapporto di lavoro e effettivo utilizzatore della prestazione lavorativa (divieto di interposizione), si realizza quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa .
A evitare che il distacco configuri un’interposizione vietata, soccorrono due requisiti:
- l’interesse (spiccatamente imprenditoriale) dell’imprenditore distaccante.
- la temporaneità del distacco.
Qualora venga accertata la carenza di tali requisiti, si versa nell’ipotesi di distacco irregolare, che produce le medesime conseguenze della violazione del divieto di interposizione: il lavoratore distaccato può agire in giudizio per la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del datore di lavoro beneficiario del distacco.
Una volta disposto il distacco, il potere direttivo viene esercitato dal datore di lavoro presso cui il lavoratore rende la propria prestazione, ma il datore di lavoro originario rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.
Se il distacco comporta un trasferimento a un’unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è normalmente adibito, esso può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.