La disciplina giuridica dello sciopero ha assunto connotazioni molto diverse nel tempo, a seconda delle mutazioni degli atteggiamenti dell’ordinamento:
- nei primi anni dell’Unità, lo sciopero era considerato reato, tranne che nell’ex-Granducato di Toscana, ove era rimasto in vigore il precedente e più liberale codice penale. L’eredità toscana, successivamente, fu raccolta su scala nazionale dal codice penale Zanardelli del 1889, ove lo sciopero era penalmente tollerato, pur rimanendo illecito sotto il profilo civilistico. L’assenza di un diritto del lavoro efficace, tuttavia, comportava che i lavoratori scioperanti potessero essere facilmente puniti con il licenziamento.
- la tolleranza penale dello sciopero subì un brusco regresso nel periodo corporativo, durante il quale esso tornò ad essere represso penalmente. Emblema di questa fase storica fu il codice penale del 1930 (Codice Rocco), attualmente in vigore, sebbene con le dovute modificazioni:
- l’art. 502 prevedeva il reato di sciopero o di serrata per fini contrattuali.
- l’art. 503 incriminava la serrata e lo sciopero per fini non contrattuali.
- l’art. 504 incriminava la coazione alla pubblica Autorità mediante serrata o sciopero.
- l’art. 505 incriminava la serrata o lo sciopero a scopo di solidarietà o di protesta.
- la Costituzione repubblicana si è definitivamente lasciata alle spalle l’eredità illiberale del pregresso regime, andando anche oltre la vecchia concezione di mera tolleranza penale.
La scansione storica così delineata è stata concettualizzata dalla famosa tripartizione di Piero Calamandrei:
- sciopero-reato: qualora lo sciopero sia qualificato come reato, esso è illecito per l’ordinamento penale, ed è tale anche sul piano (civilistico) del rapporto di lavoro.
- sciopero-libertà: ove lo sciopero sia semplicemente tollerato dall’ordinamento penale, esso è una mera libertà, ossia un comportamento consentito sul piano generale, ma che rimane qualificato come inadempimento in seno al rapporto di lavoro (illecito civile).
- sciopero-diritto: ove lo sciopero assurga a diritto nel rapporto di lavoro, esso non può essere considerato un reato, essendo, al contrario, oggetto di una posizione di libertà.
È da considerare, peraltro, che in un dato ordinamento lo sciopero non riceve necessariamente un’unica qualificazione giuridica, potendo partecipare, in relazione alle diverse possibili figure di sciopero, di tutte e tre le qualificazioni esposte