La legge vietava la dissociazione tra il soggetto che utilizzava effettivamente la prestazione lavorativa e il soggetto che solo formalmente figurava come datore di lavoro. Si temeva infatti che tale dissociazione avrebbe potuto consentire all’effettivo datore di lavoro di eludere le disposizioni di legge poste a tutela dei suoi dipendenti.
La legge tuttavia non vietava che il datore di lavoro affidasse ad un imprenditore l’esecuzione di un’opera o di un servizio connessi alla sua attività produttiva, e si limitava a tutelare i dipendenti dell’appaltatore nel caso in cui l’opera dovesse essere eseguita all’interno dell’azienda appaltante. Si doveva però trattare di un vero imprenditore, che realizzasse l’opera con una propria organizzazione e non di un intermediario fittizio.
Per distinguere le due ipotesi di appalto lecito e non lecito, la legge presumeva fittizia ogni forma di appalto o subappalto in cui l’appaltatore avesse impiegato in maniera non marginale, rispetto alla sua organizzazione, capitali, macchine, attrezzature, forniti dall’appaltante anche quando per il lavoro venga corrisposto un compenso.
Un appalto vietato era configurabile anche quando l’appaltatore si fosse limitato a fornire non un’opera o servizio, ma lo stesso lavoro dei suoi dipendenti, cioè mere prestazioni di lavoro.
Di recente, con la legge n. 196/1997, è stata superata l’ostilità mostrata per decenni del nostro ordinamento per l’interposizione nelle prestazoni di lavoro. Tale legge aveva infatti previsto e disciplinato il contratto di forniutra di prestazioni di lavoro temporaneo, mediante il quale un’impresa poneva uno o più lavoratori, da essa assunti, a disposizione di un’altra impresa per il soddisfacimento di esigenze produttive di carattere temporaneo.
Poi con il D. Lgsl n. 276/2003 il lavoro temporaneo previsto dalla legge del 1997 è stato sostituito da una nuova fattispecie: la somministrazione di lavoro, analoga nella funzione (fornitura di lavoro da un’impresa ad un’altra), ma con un’applicazione molto più estesa. Infatti tale decreto legislativo aveva differenziato la fornitura di lavoro in due tipologie: quella a termine e quella a tempo indeterminato, così che l’impresa che avesse bisogno di forza lavoro poteva richiederne la fornitura senza limiti di tempo. La fornitura a tempo indetermintao, però, presentava il rischio di rendere giuridicamente possibile un proceso di sostituzione, all’interno delle imprese, dei lavoratori dipendenti con lavoratori somministrati e per tale motivo, nel 2007, è stata abrogata la fattispecie della somministrazione a tempo indeterminato.
Quindi ora l’unica forma di somministrazione di lavoro esperibile è quella a tempo indeterminato. Resta comunque ferma per l’agenzia di somministrazione, la facoltà di assumere il lavoratore a tempo indeterminato).