Le disposizioni della riforma del lavoro pubblico non sembrano aver cancellato il collegamento funzionale   tra   il   rapporto   e   l’interesse   istituzionale   della   pubblica   amministrazione all’organizzazione dei propri uffici e servizi.

In particolare viene sancito il collegamento funzionale tra gli atti organizzativi a contenuto generale attraverso i quali si estrinseca il suddetto potere di organizzazione, e le determinazioni organizzative di contenuto puntuale e specifico che, al pari degli atti inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, vengono a collocarsi nell’area dell’organizzazione del lavoro e in un ambito esclusivamente contrattuale.

 

La disciplina del lavoro pubblico “riformata” dal d.l. 112/08 e dalla l. 15/09

La disciplina del lavoro pubblico è tornata a formare oggetto di attenzione da parte del Governo entrato in carica nel 2008.

Il primo intervento è costituito dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, con cui si opera una consistente riduzione della spesa pubblica e s’introducono alcune importanti novità in materia di lavoro pubblico soprattutto in tema di reclutamento, di alcuni istituti del rapporto di lavoro e di relazioni sindacali.

Per quanto concerne il primo aspetto, sono stati fissati limiti percentuali assai restrittivi alle assunzioni (riducendosi significativamente, in tal modo, il turnover); si è previsto che tutte le pp.aa. debbano procedere ad una ridefinizione dei propri assetti organizzativi, attraverso la riduzione delle dotazioni organiche del personale di qualifica dirigenziale e non dirigenziale.

Con l’intento di ridurre il fenomeno dell’assenteismo è stata riformata la disciplina delle assenze per malattia dei dipendenti pubblici. Sono stabilite nuove modalità di giustificazione dell’assenza relative alla certificazione medica da produrre, e si sono rafforzati i controlli. Dal punto di vista del relativo trattamento economico, nei primi dieci giorni dei periodi di assenza per malattia di qualunque durata viene corrisposto solo il trattamento economico fondamentale, e restano escluse tutte le indennità e gli emolumenti, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché ogni altro trattamento accessorio.

Altro istituto la cui disciplina è stata profondamente modificata è il part-time. Al riguardo si è previsto che la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale non costituisca più un diritto del dipendente: l’amministrazione ha ora la facoltà di concederla o negarla, con decisione motivata, tenuto conto del pregiudizio23 delle esigenze organizzative24.

Il D. L. n. 112 ha modificato, inoltre, per l’ennesima volta la disciplina dei contratti di lavoro flessibili rendendo nuovamente più agevole il ricorso ad essi.

Il nuovo testo della norma prevede che «per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall’art. 35».

Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono comunque avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale.

Significativi interventi hanno riguardato anche la disciplina della cessazione del rapporto di lavoro, con l’introduzione dell’istituto dell’esonero dal servizio (che può essere richiesto dai dipendenti pubblici cui manchino cinque anni alla maturazione dell’anzianità massima contributiva di quarant’anni; il lavoratore esonerato percepirà il 50% del trattamento economico e il 100% di quello contributivo, fino al raggiungimento dell’età pensionabile, quando avrà diritto al trattamento che gli sarebbe spettato se fosse rimasto in servizio) e con le modifiche apportate in materia di trattenimento in servizio e di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro per compimento dell’anzianità contributiva massima (come avveniva già in precedenza, ma l’amministrazione ha ora piena discrezionalità, in base alle proprie esigenze organizzative, di concederlo o no ).

Ma la novità maggiore riguarda la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro: le pubbliche amministrazioni possono ora risolvere il rapporto di lavoro con il personale dipendente che abbia maturato un’anzianità contributiva collegata al servizio effettivo, di quarant’anni, indipendentemente dall’età anagrafica, con un preavviso di sei mesi. Si tratta di una vistosa deroga alla disciplina dei licenziamenti individuali, applicabile ai dipendenti da amministrazioni pubbliche il cui rapporto di lavoro sia stato “contrattualizzato”, in quanto tale disciplina si applica in generale fino al raggiungimento dell’età anagrafica – oltre che della contribuzione minima – per ottenere il diritto alla pensione di vecchiaia.

Infine, pur confermando, nelle sue linee generali, la disciplina sanzionatoria contenuta nelle precedenti versioni della disposizione, il nuovo art. 36 sottolinea la responsabilità dei dirigenti in materia: mentre si ribadisce che l’inosservanza di norme imperative non produce mai la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenza di pubbliche amministrazioni, si precisa che il lavoratore interessato «ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizione imperative».

I provvedimenti fin qui illustrati hanno costituito una sorta di anticipazione dei più significativi tratti della riforma della L. 4 marzo 2009, n. 15, “finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pp.aa.”.

I punti cardine di questo intervento normativo attengono: alla revisione del rapporto tra le fonti di disciplina dell’organizzazione e del rapporto di lavoro pubblico; alla revisione della regolamentazione del rapporto di lavoro dirigenziale; al rafforzamento degli strumenti e delle procedure di valutazione; al potenziamento del sistema disciplinare.

Con riferimento alla regolamentazione del sistema delle fonti, va preliminarmente segnalata la modifica apportata all’art. 2, co. 2, d. lgs. n. 165 del 2001, con norma di immediata applicazione, che ha esattamente rovesciato il previgente assetto dei rapporti tra legge e contratto collettivo. Il nuovo testo dispone, infatti, che eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto che introducano discipline dei rapporti di lavoro destinate ad essere applicate esclusivamente a pubblici dipendenti o a categorie di essi, «possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge». Dunque, l’effetto derogatorio della legge da parte della contrattazione collettiva successiva è ora ammesso solo quando sia la legge stessa a prevederlo, il che significa che, di regola, le discipline speciali in materia di lavoro pubblico conterranno per il futuro norme che devono essere considerate inderogabili, a meno che non vi sia un’espressa disposizione contraria.

Passando alla riforma della disciplina della dirigenza, il legislatore, al fine di promuoverne l’efficienza, ha anzitutto vincolato il legislatore delegato ad assicurarne l’autonomia dalla politica e dalle organizzazioni sindacali, anche rivedendo la disciplina delle incompatibilità. Altro criterio centrale della delega è costituito dall’enfatizzazione di alcuni dei poteri in tema di gestione degli uffici e del personale e dall’inasprimento del regime delle relative responsabilità (di cui alcune sono state comunque tipizzate dalla L. n. 15/09) e delle connesse sanzioni, anche di tipo economico. Il legislatore delegato dovrà anche provvedere a modificare la disciplina degli incarichi, prevedendo, tra l’altro, che l’accesso alla prima fascia della dirigenza avvenga per concorso. Maggiori limiti dovranno essere introdotti, poi, al ricorso ai dirigenti esterni.

La tematica della valutazione ha rappresentato, probabilmente, il principale punto debole dell’esperienza pregressa e, dunque, è comprensibile che il legislatore abbia puntato a prevedere opportune sinergie tra la valutazione rimessa agli organi interni e la valutazione esterna affidata alla Corte dei conti e agli stessi cittadini-utenti. Una significativa novità è rappresentata dall’istituzione dell’Autorità indipendente, con compiti di garanzia sulla trasparenza dei sistemi di valutazione, la quale peraltro investirà le strutture, i dirigenti e tutti i lavoratori.

 

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