Come detto, la seconda fase, avendo l’obiettivo di riacquistare all’azienda il prodotto dell’attività oggetto di decentramento, avviene mediante la stipulazione di contratti di appalto fra l’impresa titolare dell’attività e quella che ne ha acquisto la gestione. In forza di tale contratto l’appaltatore si obbliga a fornire, con organizzazione dei mezzi necessari e gestione a proprio rischio l’opera e il servizio prodotti all’interno.
Con riguardo al vasto mondo degli appalti, fintanto che essi sono eseguiti da imprese autentiche che organizzano in proprio i fattori della produzione, la situazione è perfettamente lecita, non frapponendo, il diritto del lavoro, alcun ostacolo normativo. Prima della riforma del 2003, peraltro, l’art. 3 dell’abrogata l. n. 1369 del 1960 prevedeva che nel caso di appalto interno , ovvero relativo ad attività inerenti al ciclo produttivo tipico dell’impresa appaltante, i lavoratori dipendenti dell’impresa appaltatrice avessero diritto a godere di un trattamento economico e normativo non inferiore a quello garantito ai dipendenti dell’impresa appaltante. Qualora, al contrario, l’appalto avesse ad oggetto un’attività estranea al normale ciclo produttivo, la regola della parità di trattamento non trovava applicazione.
Anche in considerazione del fatto che l’art. 3 era una norma ben poco applicata, il d.lgs. n. 276 del 2003 ha abrogato la legge del 1960, eliminando, di conseguenza, il disincentivo normativo alle operazioni di esternalizzazione. Allo stato attuale, pertanto, i dipendenti dell’impresa appaltatrice hanno diritto soltanto a vedersi applicato il rispettivo contratto collettivo. Tuttavia, se l’impresa appaltatrice è insolvente nei confronti dei lavoratori, questi possono tuttora rivolgersi contro l’appaltante, il quale ne è responsabile in via solidale assieme con il debitore naturale, ovvero l’appaltatore.
Dal decreto del 2003 in avanti, attorno al regime di tale responsabilità vi sono state complicate vicissitudine legislative che hanno condotto all’attuale sistemazione della materia: in caso di appalto di opere e servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti . Deve essere sottolineato che l’estensione della responsabilità solidale non ha riguardato soltanto gli appalti di opere e servizi interni , bensì, indifferentemente, tutti gli appalti.
Al di là delle vicissitudini legislative, comunque, emerge una netta tendenza dell’ordinamento a rafforzare il meccanismo della responsabilità solidale, così da costringere l’impresa principale, e a cascata gli appaltatori, ad occuparsi dell’affidabilità patrimoniale e della correttezza gestionale delle imprese esecutrici dell’appalto.