Lo stato come ordinamento
Occorre adesso stabilire quali siano i caratteri differenziali dello Stato. Fra tutte la caratteristica prima e più comunemente sottolineata risiede senza dubbio nel nesso che collega gli ordinamenti statali moderni ed il territorio sopra il quale insistono gli ordinamenti medesimi. I giuspubblicisti italiani danno per pacifico l’assunto che il territorio rappresenti addirittura un elemento costitutivo dello Stato complessivamente inteso, al pari del popolo e dell’apparato governante.
In altri e più correnti termini, quelli statali vanno cioè qualificati come ordinamenti a base territoriale, contraddistinti per definizione dalla loro territorialità, pur senza che il territorio dello Stato debba essere concepito alla medesima stregua del corpo delle persone fisiche. In secondo luogo lo Stato è giuridicamente in grado di darsi carico di qualunque necessità del gruppo umano stanziato nel territorio stesso. Sotto questo aspetto, si suon dire che l’ordinamento statale è caratterizzato dall’universalità dei fini. In terzo luogo, è ricorrente in sede dottrinale l’assunto che gli ordinamenti statali si distinguano per la loro completezza: così differenziandosi dagli ordinamenti specializzati, in antitesi all’indeterminatezza degli scopi che é propria degli Stati moderni.
Beninteso ciò non esclude che in concreto ciascun ordinamento giuridico statale possa presentare lacune, nel senso di non dettare alcuna norma specifica per la valutazione di determinati comportamenti o rapporti. Infine tutte queste caratteristiche si riassumono in quelle pertinenti alla sovranità degli Stati. Ma nel più moderno linguaggio giuridico sovrani sono stati definiti, sotto un duplice profilo, gli stessi ordinamenti statali.
Effettivamente la sovranità rappresenta una caratteristica complessa, che da una parte consiste nella supremazia dell’ordinamento e dell’apparato statali, rispetto a qualunque altro ordinamento ed apparato coesistenti nel territorio su cui lo Stato è sovrano; e dall’altra parte corrisponde all’indipendenza dello Stato stesso rispetto agli altri stati, vale a dire alla situazione di formale parità che sussiste fra tutti gli ordinamenti statali, entro l’ordinamento della comunità internazionale. Ma tanto la sovranità interna quanto la sovranità esterna costituiscono, appunto, qualità essenziali e del tutto peculiari degli Stati moderni, complessivamente concepiti.
Lo stato come soggetto dell’ordinamento giuridico statale
A partire dalla fase più matura di sviluppo degli stati moderni, entro gli ordinamenti giuridici statali si formano altrettanti enti esponenziali, che assumono anch’essi il nome di Stati: enti variamente individuati mediante le denominazioni di Stato-apparato o Stato-governo o di Stato-soggetto o di Stato-persona.
Nella vecchia dottrina pubblicistica italiana, la contrapposizione fra Stato-ordinamento e Stato-soggetto restava in sostanza ignorata o non veniva intesa nella sua esatta portata. Quella dottrina ravvisava nello Stato un ente collettivo coincidente con la nazione o con il popolo e attribuiva perciò la qualifica di Stato-persona alla stessa “istituzione” o “corporazione” statale. L’odierna concezione duale dello Stato sostiene, viceversa, l’esistenza di due significati irriducibili del termine in questione.
Da un lato, cioè, lo Stato in senso largo si presenta come un corpo sociale giuridicamente organizzato; dall’altro lato, lo Stato in senso stretto ha generalmente la veste di una “concreta e limitata persona giuridica”. Tuttavia, l’organizzazione dello Stato-ordinamento non si esaurisce nello Stato-soggetto, ma si fonda sopra una serie di altre e ben distinte persone giuridiche pubbliche; ed è a questo insieme, in contrapposizione allo Stato nel senso stretto del termine, che la vigente Costituzione italiana riserva il nome di Repubblica, delineando a tal fine una distinta “figura giuridica soggettiva”.
La concezione duale dello Stato rappresenta, in effetti, la chiave per intendere tutta una serie di norme o di situazioni giuridiche, le quali rimarrebbero altrimenti prive di senso. Si pensi in primo luogo a quelle disposizioni del Codice civile che regolano il demanio ed il patrimonio dello Stato, evidentemente riguardato come persona giuridica e non come comunità o come “istituzione”complessiva. Si considerino, in secondo luogo, quelle norme costituzionali che estendono od imputano direttamente allo Stato la responsabilità per gli illeciti compiuti o per gli atti illegittimamente adottati dai suoi funzionari, avendo ovviamente di mira l’apparato e non l’ordinamento n base al quale viene definita e sanzionata la responsabilità medesima.
Ciò non toglie che anche lo Stato in quanto persona giuridica spetti normalmente la qualifica di ente sovrano. Lo Stato-soggetto è il più delle volte quello cui competono le decisioni politiche di più alto rilievo:sebbene di fatto, le decisioni stesse siano pesantemente condizionate dalle richieste e dalle proposte dovute ad altre forze sociali organizzate, quali i partiti, i sindacati e via dicendo. Resta il problema del come la sovranità dello Stato-soggetto sia compatibile con i regimi democratici, nei quali la primizia dovrebbe spettare per definizione al popolo, secondo la formula della sovranità popolare.
E’ stato affermato che in ordinamenti del genere la potestà sovrana competerebbe “in massima parte allo Stato e solo eccezionalmente e limitatamente al popolo, essendo suddivisa fra l’uno e l’altro; ma questa soluzione non ha convinto la prevalente dottrina, dal momento che la sovranità popolare e la democrazia stanno a significare che al popolo spetta, se non altro sul piano concettuale, la sovranità tutta intera. Di qui l’assunto che le due sovranità, qualora si voglia contrapporle, stanno se mai su due piani diversi, nel senso che al popolo resta riservato nei regimi democratici l’esercizio dei poteri “che condizionano la direzione e lo svolgimento degli altri”. E di qui, ancora, la più radicale ma coerente opinione per cui lo Stato-apparato di stampo democratico non è che lo strumento della volontà popolare, operante “in nome e per conto del popolo”, vale a dire in rappresentanza di esso.