La giurisprudenza della corte costituzionale in tema di limiti alla revisione costituzionale si ricava, dalle decisioni della corte in riferimento alla sindacabilitĂ delle leggi costituzionali per vizi sostanziali.
La giurisprudenza della corte sull’argomento in oggetto può suddistinguersi, sotto il profilo cronologico in 3 fasi:
- In una prima fase la corte cost. pur senza dichiararlo espressamente cerca di evitare di prendere posizione sul problema della sindacabilitĂ del contrasto tra costituzione e disposizioni contenute in leggi costituzionali sent. N.6 del 1970.
- In una seconda fase la corte riconosce l’esistenza di principi supremi dell’ordinamento costituzionale, anche se tale riconoscimento non è direttamente strumentale alla sindacabilitĂ delle leggi costituzionali, ma serve piuttosto ad ammettere la sindacabilitĂ , in relazione a tali principi e non anche a norme formalmente costituzionali che di tali principi non costituiscano espressione o attuazione, di talune leggi che per pur avendo la forma della legge ordinaria, vengono dalla corte definite come leggi fornite di una particolare “copertura costituzionale”. Un esempio sono le leggi di esecuzione dei patti lateranensi o l’articolo 11 che prevede la limitazione di sovranitĂ . In ambedue i casi la corte ritiene che le disposizioni pattizie, immesse nel nostro ordinamento, dalle citate leggi di esecuzione abbiano la capacitĂ di erogare a norme formalmente costituzionali, fatta eccezione per il limite del rispetto dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale italiano.
- In una terza fase, infine, la corte costituzionale afferma, esplicitamente nella sentenza n.1146 del 1988, l’esistenza di limiti taciti o naturali alla revisione costituzionale, identificandoli in quei principi dell’ordinamento costituzionale, ai quali aveva fatto riferimento nelle sue precedenti decisioni.
Nel testo della sentenza si afferma che: “la costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale, neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali. Tali sono e tanti i principi che la costituzione esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale, quale forma repubblicana articolo 139, quanto i principi, che pur non essendo espressamente menzionati, appartengono all’assenza dei valori supremi sui quali si fonda la costituzione italiana.
I principi supremi dell’ordinamento costituzionale hanno una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango costituzionale.
La sentenza in esame ha suggerito due considerazioni di fondo:
- La ferma volontĂ della corte di prendere posizione sul problema dell’esistenza o meno di limiti taciti alla revisione costituzionale, tale volontĂ si desume anche dalla inusuale secchezza dei termini usati, per affermare l’esistenza di tali limiti.
- In secondo luogo soprattutto, colpisce negativamente l’assoluta mancanza di motivazione a sostegno delle affermazioni così radicali e decise compiute dalla corte in tema di limiti della revisione costituzionale: senza critiche ai molti argomenti addotti in dottrina.
L’unico accenno di motivazione riguarda, infatti, la necessitĂ di ammettere la competenza della corte a giudicare sulla conformitĂ delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali anche nei confronti dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale poichĂ©, altrimenti, si perverrebbe all’assurdo di considerare il sistema di garanzie giurisdizionali della corte come difettoso o non effettivo. Tale argomento è servito a dimostrare che i principi supremi dell’ordinamento costituzionale costituiscono i limiti taciti della revisione costituzionale.
Restando sul piano delle sue fonti costituzionali, il Parlamento è l’organo al quale compete in via esclusiva oggi, come ieri all’assemblea costituente, di stabilire, con le procedure di cui all’articolo 138, eventuali limiti alla revisione costituzionale, aggiungendone di nuovi a quelli giĂ previsti dalla costituzione o anche abrogando questi ultimi con procedure particolari qualora ad essi si attribuiscono valore soltanto relativo; la corte costituzionale è l’organo al quale spetta in via esclusiva di garantire il rispetto di tali limiti, attraverso la dichiarazione di illegittimitĂ costituzionale, di eventuali disposizioni contenute in una legge costituzionale contrastanti con quei limiti. In quest’ottica il Parlamento rappresenta l’organo di chiusura del sistema poichĂ© soltanto ad essa spetta la competenza delle competenze, rinvenibile per l’appunto nell’ esercizio del potere di revisione costituzionale; la stessa esistenza della corte costituzionale divenne definitiva da una scelta politica del Parlamento.
Ma la tesi, fermata dalla corte costituzionale, secondo cui esistono limiti taciti alla revisione costituzionale, identificabili nei principi supremi dell’ordinamento costituzionale, comporta che l’organo di chiusura del sistema non è piĂą il Parlamento, ma la stessa corte, dal momento che a quest’ultima stabilire quando un determinato principio possa essere considerato come supremo e dunque tale da determinare l’illegittimitĂ costituzionale di disposizioni formalmente costituzionali con esso contrastanti.