Con il passar del tempo l’Inghilterra continuò a caratterizzarsi per la centralità del parlamento che si combinava con il bilanciamento dei poteri non solo nei rapporti interni al parlamento (cioè tra le due camere) ma anche nei rapporti del parlamento con la monarchia che, nel 1660, fu restaurata. Accadde infatti che con il Bill of rights si intervenne a regolare il rapporto tra la monarchia restaurata titolare del potere esecutivo ed il parlamento titolare del potere legislativo. In questo periodo la compresenza del parlamento e del re imponeva di individuare la forma di governo effettivamente adottata. Ciò fece Locke che era convinto che gli uomini nello stato di natura erano già capaci di istituire una condizione di consapevolezza del valore dei propri beni e della propria persona. Però gli uomini non avevano la regola fissa che consentisse loro di preservare nel tempo questa loro consapevolezza; per questo decisero di uscire dallo stato di natura e creare la società politica. Essi, cioè, crearono delle istituzioni politiche che li aiutavano a preservare i beni, le cose e le persone attraverso regole valide in generale (si tratta di organi che esercitano il potere legislativo) fatte eseguire da un potere esecutivo. Si vede, dunque, che per Locke il potere legislativo è limitato dalla preesistenza di diritti relativi a cose o persone già esistenti nello stato di natura. Il potere legislativo poi non può essere esercitato in maniera continuativa ma ad intervalli di tempo e soprattutto non può essere in mano ad un’unica assemblea. L’assemblea legislativa deve sciogliersi dopo aver fatto la legge altrimenti pretende di esercitare un potere costante e stabile come quello esecutivo e comandare quotidianamente sugli uomini.

Locke per la prima volta ha teorizzato il potere moderato, affermando che il potere legislativo e quello esecutivo non possono concentrarsi in un unico organo istituzionale. Solo così, con la separazione dei poteri si garantisce la tutela dei diritti degli individui. Per Locke con la formula del potere moderato sono compatibili tutte le forme di governo che non confondono il potere esecutivo con quello legislativo, come la tradizionale forma di governo inglese che oppone la centralità del parlamento all’ipotesi della monarchia assoluta. La costituzione, dunque, serve a conservare un rapporto equilibrato tra esecutivo e legislativo.

E’ evidente che nell’opera di Locke non c’è l’affermazione della superiorità della sovranità del popolo che non è considerato come la fonte primaria della costituzione ma solo come il punto cui si ritorna quando la costituzione non è più in grado di garantire l’equilibrio tra legislativo ed esecutivo. Il ritorno al popolo beninteso non è considerato come ritorno alla fonte della costituzione ma come un evento che denuncia la crisi della costituzione e che andrebbe in ogni modo evitato e Locke lo definisce con l’espressione appello al cielo.

Il pensiero di Locke fu ripreso innanzitutto da Bolingbroke che definiva la costituzione inglese come un’insieme di leggi, istituzioni e consuetudini derivate da principi di ragione immutabili e diretti a certi fini di pubblico bene altrettanto immutabili che costituiscono il complesso del sistema secondo il quale la comunità ha convenuto e accettato di essere governata. Il governo, naturalmente, deve ispirarsi alla costituzione e, quindi , deve essere subordinato ad essa. Bolingbroke con questa affermazione intende prendere una posizione chiara in merito all’evoluzione del governo inglese che, nel 1734, anno in cui ha scritto la suo opera più importante, andava verso il governo parlamentare. Egli sostiene che il governo parlamentare è contrario alla costituzione perché viola il principio fondamentale della separazione tra potere esecutivo e legislativo già considerato essenza della costituzione da Locke.

Anche grazie all’opera di questo autore nel XVIII secolo si diffuse l’idea che la costituzione inglese fosse la costituzione per eccellenza perchè più di ogni altra era capace di impedire l’assolutizzazione del potere e di distinguere e separare il potere esecutivo da quello legislativo attraverso i pesi e contrappesi cioè i checks and balances. Infatti il parlamento fa le leggi conscio del potere di veto del re e, insieme al governo, esercita il potere esecutivo conscio della necessità del consenso del parlamento per gli impegni finanziari. In tal modo ciascun organo istituzionale agisce nel proprio ambito sotto la vigilanza e il controllo degli altri organi, attraverso un sistema di vigilanza e limitazione reciproca che garantisce l’equilibrio.

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