La funzione del giudice costituzionale (giudice delle leggi) è quella di togliere efficacia agli atti del potere legislativo contrastanti con la Costituzione, rendendo quest’ultima compiutamente obbligatoria ed operante. Kelsen indicava in questo modo il fine della giustizia costituzionale: <<se l’essenza della democrazia risiede non nell’onnipotenza della maggioranza, ma nel continuo compromesso tra le parti che la maggioranza e la minoranza rappresentano in Parlamento (pace sociale), la giustizia costituzionale appare lo strumento idoneo a realizzare tale idea>>.
Lo scopo ultimo della giustizia costituzionale, quindi, è quello di garantire la pace sociale mediante la stabilità costituzionale. Questo comporta la presenza di un giudice delle leggi in grado di controllare la sfera della politica alla luce del parametro costituzionale e di imporre a tutti i poteri pubblici il rispetto di norme, principi e valori posti dalla Costituzione a fondamento della Repubblica.
In relazione a tale ambito si sono sviluppate varie tipologie di giustizia costituzionale (es. un sistema orientato alla tutela delle libertà fondamentali, un sistema orientato verso l’equilibrio tra i poteri dello Stato). Anche la prassi di tali organi di giustizia costituzionale risulta particolarmente variabile, essendo alcuni più impostati alla difesa delle libertà ed altri ad un’attività di mediazione e moderazione dei conflitti istituzionali.
Non è quindi possibile descrivere un sistema di giustizia costituzionale secondo categorie astratte: ogni sistema tende a configurarsi come realtà unica, in relazione alla specialità del suo rapporto con la struttura costituzionale (es. forma di Stato, tessuto politico sociale) nel cui ambito è chiamato ad operare.