A rendere ancor più articolata l’organizzazione del governo, contribuiscono poi le numerose varianti che la struttura di quest’organo subisce nella prassi. Tutti i governi possono infatti venire costituiti da parecchi altri tipi di organi non necessari, alcuni dei quali sono meramente eventuali. Tali sono organi di tipo individuale, quali i vicepresidenti del consiglio, i ministri senza portafoglio, gli alti commissari, i sottosegretari di stato; ed organi collegiali come i comitati interministeriali o come i consigli di gabinetto.
Poiché nessuno degli organi stessi è disciplinato o comunque previsto dalla costituzione, si pone anzitutto il problema complessivo se non debbano considerarsi costituzionalmente illegittime. Bisogna ritenere invece che anche in questo campo la costituzione non escluda di essere integrata, sia da leggi ordinarie sia da convenzioni fra gli organi costituzionali interessati: convenzioni che sono a loro volta suscettibili di tradursi in consuetudini facoltizzanti.
In quest’ultimo senso concorre anche la considerazione che tutti gli organi costituzionali dispongono di un’autonomia organizzativa ovvero di un potere di autoorganizzazione: con la conseguenza che il governo stesso può essere definito come un organo a composizione aperta.
La funzione del vicepresidente invece non è data dalla sostituzione integrale del presidente, per dimissioni o destituzione od impedimento o morte di questi. Nel nostro sistema le responsabilità non si prestano ad essere affidate ad un organo presidenziale vicario. La verità è che il vicepresidente altro non è che un ministro, normalmente senza portafoglio, diversificato per il nome e il maggior prestigio politico ma giuridicamente equiparato ad ogni altro componente del collegio. Le uniche funzioni gli sono conferite dal consiglio dei ministri.
Quanto ai ministri senza portafoglio, basti ricordare che per “portafoglio” si intende in questa sede un dicastero o un ministero. “senza portafoglio” sono quindi quei ministri che non vengono preposti ad alcun dicastero, pur essendo inseriti nel governo.
L’esistenza di un gran numero di organi governativi che la costituzione non ha disciplinato espressamente, offre la riprova del carattere aperto ed elastico della struttura del governo. In sintesi, all’interno della complessiva figura dei ministri senza portafoglio si possono distinguere almeno tre ipotesi. Per prima cosa, continuano a sussistere alcuni ministri puramente “politici”, fra i quali rientrano i Ministri per i rapporti con il parlamento.
Secondariamente, vi sono ministri che rispondono in proprio di certi complessi di funzioni loro delegate dal presidente del consiglio, pur non essendo collocati al vertice di un consistente apparato burocratico: come nel caso dei compiti svolti dai Ministri per gli affari regionali.
Infine si danno quei ministri che non stanno a capo di un determinato dicastero, ma dirigono o comunque utilizzano al più vario titolo apparati amministrativi assai complessi, l’importanza dei quali può persino essere maggiore di quella spettante a certi ministri di minore rilievo. Basti pensare al Ministro per il mezzogiorno, oppure al Ministro per la funzione pubblica.
Vale la pena di aggiungere che vi è sempre la possibilità che il presidente del consiglio od un qualsiasi altro ministro assumano ad interim la direzione di un dicastero che diversamente rimarrebbe vacante.
Inverso rispetto al caso dei ministri senza portafoglio è il caso degli alti commissari; mentre i primi erano privi di specifiche responsabilità amministrative, i secondi sono infatti posti a capo di importanti apparati amministrativi di settore, non ancora ministerializzati ma sovente destinati a trasformarsi in ministeri appositi. Oggi come oggi si può comunque affermare che la figura degli alti commissari appartiene al passato. Tuttavia la figura in questione non ha completamente perso l’originaria importanza. Non a caso la legge n. 400 ragione espressamente di “commissari straordinari del governo”, nominati del presidente della repubblica su proposta del presidente del consiglio; ma sottolinea che debbono restare “ferme… le attribuzioni dei ministeri, fissate per legge”.
Per quanto riguarda i sottosegretari ci si chiede anzitutto se li si possa considerare alla stregua di veri e propri organi di governo. Nondimeno è altrettanto certo che essi rientrino nella complessiva compagine governativa, nel senso che concorrono a definirne la formula politica. D’altra parte, quelle che vengono loro attribuite, sia pure in virtù di una delega, sono funzioni di governo.
Originariamente ai sottosegretari era stato affidato un triplice compito: quello di “sostenere la discussione degli atti e le proposte del ministero” nel parlamento; quello di coadiuvare il rispettivo ministro, esercitando le attribuzioni da questi delegate; e quello di rappresentarlo “in caso di assenza e di impedimento”. Rimane invece insoluta la questione del numero dei sottosegretari; con la conseguenza che il numero stesso viene attualmente definito volta per volta, secondo la complessità di ciascun gruppo di funzioni ministeriali e secondo le contingenti esigenze politiche.