Le forme di Stato, termine con cui si riassume il rapporto che intercorre tra i tre elementi costitutivi sopra citati, aiutano a identificare le diverse organizzazione della società che si sono succedute nel tempo.

Secondo tale forma gli Stati si suddividono:

  • con riferimento al rapporto tra governo e territorio:
    • Stati unitari, ovvero quelli in cui si conserva una rigorosa centralizzazione delle funzioni, con un unico governo e un unico presidente.
    • Stati federali, ovvero quelli composti da una riunione di più Stati che conservano parte della loro sovranità, ma che affidano il restante a un governo federale centrale.

Tale Stato nasce generalmente da una confederazione di Stati che si sono all’inizio semplicemente alleati tra di loro e che poi decidono di cedere parte della loro sovranità a un governo federale.

  • Stati regionali, ovvero quelli a metà tra gli Stati unitari e gli Stati federali (es. Italia).

Tale Stato nasce da uno Stato unitario, accentrato, al quale di voglia dare una fisionomia diversa, ampliando le autonomie locali, senza però i presupposti dello Stato federale.

Nella ripartizione delle competenze tra gli apparati centrali e i governi locali assume particolare rilievo il principio della sussidiarietà, che consiste nell’attribuire al livello di governo più vicino ai cittadini la competenza ad esercitare determinati poteri pubblici.

  • con riferimento al rapporto tra governo e popolo:
    • Stati democratici, in cui il principio democratico si realizza nella forma della democrazia diretta (referendum) o rappresentativa. In questo secondo caso, infatti, si costituiscono organi rappresentativi (parlamenti) costituiti almeno da una Camera che prenda origine dal suffragio universale. Si parla tuttavia di rappresentanza di interessi e non, come in passato, di rappresentanza di volontà.

I due principi alla base degli Stati democratici sono:

  • la tendenza a far coincidere governanti e governati che si attua attraverso la democrazia diretta o rappresentativa.
  • la tendenza ad assicurare l’eguale tutela di tutte le minoranze che si attua garantendo sia le libertà civili che quelle politiche (pluripartiticità).
  • Stati autoritari/ dittatoriali, in cui vengono negati tutti i principi degli Stati democratici. Il dittatore ha infatti poteri illimitati che non divide con altri organi, negando anche la pluripartiticità. Le libertà, di qualunque tipo esse siano, non vengono accettate; al contrario il governo tende a penetrare nella vita dell’individuo e a controllarla (totalitarismo).

Diverse dai cosiddetti Stati totalitari classici (nazista e fascista) sono le democrazie popolari. Le premesse sono diverse, a partire dal riferimento a una dittatura del proletariato che non esclude il suffragio elettorale, ma tuttavia le conclusioni sono praticamente analoghe a quelle delle dittature considerate classiche.

  • con riferimento all’evoluzione storica:
    • Stato patrimoniale, ovvero uno Stato primordiale in cui gli interessi particolari prevalgono su tutti gli altri in un rapporto di natura esclusivamente privatistica.
    • Stato assoluto, ovvero uno Stato in cui il sovrano si pone come unico rappresentante della comunità che si considera a lui completamente subordinata.
    • Stato di polizia, ovvero uno Stato simile a quello assoluto, ma in cui il sovrano, definito illuminato , si dedica alla promozione di vari interessi di natura pubblica, come la burocrazia, il fisco o la creazione di un esercito fisso.
    • Stato liberale, ovvero uno Stato in cui si capovolgono i rapporti preesistenti tra le parti sociali. L’influenza della corrente giusnaturalista che definisce i diritti naturali e inderogabili di tutti gli uomini, secondo il principio di uguaglianza, porta infatti a coinvolgere nella gestione della cosa pubblica anche il ceto medio, la borghesia, che può contare anche sul principio della divisione dei poteri, introdotto da Montesquieu, che porta a un completo ribilanciamento dell’organizzazione del potere. Tale Stato si dimostra uno Stato di diritto in quanto si basa sulla prevalenza della legge statale, espressione della volontà generale, che disciplina quelli che sono i diritti fondamentali, ovvero la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’opposizione.
    • Stato sociale, ovvero uno Stato in cui si supera la contraddizione propria dello Stato liberale che, nonostante dichiarasse di fare riferimento a un principio di uguaglianza, nel concreto non lo applicava. I diritti sociali che acquistano rilevanza (es. diritto alla salute) non ipotizzano un’astensione dal potere, ovvero le libertà negative dello Stato liberale, ma richiedono un suo intervento.

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