Gli istituti che fanno parte dello Stato-comunità tendono a far coincidere al massimo l’apparato dello Stato con la vita spontanea della comunità sottostante, dunque possiamo dire che la razionalità degli istituti dello Stato-comunità rappresenta la misura della democraticità di un regime.
Nella moderna teoria possono essere distinte tre forme di autonomia:
- autonomia normativa, ovvero il potere riconosciuto ad enti non sovrani di emanare una propria normazione, avente all’esterno la medesima efficacia di quella emanata dagli enti sovrani.
- autonomia istituzionale, che comprende le varie ipotesi di relazione tra ordinamenti giuridici ed avrebbe lo scopo di stabilire il grado di autonomia di ciascuno rispetto agli altri.
- autonomia organizzatoria, ovvero un semplice rapporto di organizzazione corrente fra soggetti.
Possiamo affermare con assoluta certezza che le autonomie degli enti pubblici non appartenenti allo Stato-apparato rientrano nella categoria dell’autonomia normativa. Tali enti hanno come elementi caratteristici un proprio territorio e un proprio corpo elettorale, che gli forniscono, seppur limitatamente, un certo potere di indirizzo politico.
Possiamo inoltre affermare che in questi enti autonomia ed autarchia coincidano, qualora diamo alla parola autarchia il significato che gli è stato conferito nel trattato di Strasburgo, ratificato dall’Italia nel 1990, secondo cui per autonomia locale si intende il diritto e la capacità effettiva per le collettività locali di regolamentare ed amministrare, nell’ambito della legge, sotto la loro responsabilità e a favore delle popolazioni, una parte importante di affari pubblici.