Classificazione dei governi parlamentari e trasformazioni della forma di stato
La forma di governo parlamentare si è presentata in una varietà di esperienze. Per questo si è avvertito il bisogno di individuare dei tratti comuni capaci di qualificare quella “parlamentare” rispetto alle altre forme di governo, di tracciare una linea di demarcazione.
L’esigenza di classificazione dei regimi parlamentari si svolge parallelamente alla ricezione del modello parlamentare britannico nelle costituzioni dell’ Europa continentale. Il suo studio è nato dall’osservazione empirica del rapporto Parlamento-Corona, e poi è stato caratterizzato dallo sviluppo delle tendenze razionalizzatrici.
Lo sviluppo della razionalizzazione dei regimi parlamentari si intreccia con trasformazioni del rapporto tra societĂ civile e sfera politica.
Opposizione tra monismo e dualismo
Una prima linea di distinzione è quella tra assetti di tipo dualista e assetti di tipo monista.
Dualista = la tendenza egemone delle assemblee rappresentative è fronteggiata da un capo dello stato titolare del potere esecutivo e del potere di revoca dei ministri e di scioglimento.
Monista = relazione tra parlamento e gabinetto responsabile.
Sulla base di questa distinzione in Francia si è sviluppata la distinzione tra due differenti ricostruzioni teoriche, alla luce della separazione dei poteri:
1. imperniata sul principio dell’equilibrio
2. imperniata sul principio di association volto all’unitĂ del potere.
Il dibattito si spostò sulla ricerca di un un’ essenza, di un principio organizzatore fondamentale.
Secondo un primo indirizzo tale principio era da ritrovare nella separazione dei poteri che poi si traduceva in un dualismo paritario tra capo di stato e parlamento, con funzione di cerniera affidata al gabinetto.
Secondo un altro indirizzo vi era l’esigenza di far dipendere l’attivitĂ di governo dalla volontĂ della camera elettiva.
Quella dell’equilibrio era un concetto-base che avrebbe avuto poi sviluppi diversi.
Da un lato esso sarebbe stato alla base di un dualism renouvelè.
Dall’altro, soprattutto nell’accezione schmittiana, esso altro non era che un labile equilibrio di forme politiche dove elementi contrapposti si trovavano commisti.
Il concetto di equilibrio è quindi ambivalente e offre chiavi di lettura antitetiche. La discussione sulla Costituzione di Weimar mette in luce alcuni aspetti di questa conflittualità .
Schmitt concepiva tale costituzione come rottura dell’equilibrio del parlamentarismo borghese.
Redslob invece concepiva il modello weimariano come espressione del parlamentarismo fondato sull’equilibrio che trovava fondamento non in un dualismo paritario ma in un’istanza arbitrale costituita dall’asse presidente-corpo elettorale.