Verbalizzazione
Costituitasi regolarmente l’assemblea, essa è presieduta dalla persona indicata nello statuto o, in mancanza, da quella eletta con il voto della maggioranza dei presenti. Il presidente dell’assemblea ha il compito di accertare la regolarità della costituzione, l’identità e la legittimazione dei presenti, regolare lo svolgimento dell’assemblea ed accertare i risultati delle votazioni (art. 2371 c.c.).
Espletati dal presidente i suddetti controlli preliminari, si passa alla fase della discussione ed alla successiva deliberazione, fatta salva l’ipotesi in cui i soci intervenuti, che rappresentino un terzo del capitale, non chiedano un rinvio dell’assemblea di non oltre cinque giorni, dichiarando di non essere sufficientemente informati sui punti posti all’ordine del giorno (art. 2374 c.c.).
Le deliberazioni dell’assemblea devono risultare da un verbale, sottoscritto dal presidente e dal segretario o dal notaio. Nel caso di assemblea straordinaria, il verbale deve essere redatto da un notaio. Il verbale deve indicare, oltre che la data dell’assemblea, l’identità dei partecipanti ed il capitale da ciascuno di essi rappresentato, anche le modalità ed il risultato delle votazioni, e deve consentire l’identificazione dei soci favorevoli, astenuti o dissenzienti (art. 2375, comma 1, c.c.). I verbali devono essere trascritti nel libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea.
Ai fini della regolare costituzione dell’assemblea, nonché ai fini della validità delle relative deliberazioni, è necessaria, rispettivamente, la presenza ed il voto favorevole di un numero di soci rappresentativi di una determinata quota di capitale sociale (cosiddetto quorum). Nel primo caso, si parla di quorum costitutivo; nel secondo di quorum deliberativo.
Se, alla data prevista, non è presente la parte di capitale richiesta ai fini della regolare costituzione dell’adunanza, può disporsi una seconda convocazione dell’assemblea (art. 2369, comma 1, c.c.). La data fissata per la seconda adunanza, che, comunque, non può tenersi nello stesso giorno fissato per la prima convocazione, può essere indicata nell’avviso relativo a quest’ultima (art. 2369, comma 2, c.c.).
L’art. 2368 c.c. prevede, quale quorum costitutivo dell’assemblea ordinaria in prima convocazione, la presenza di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale, escluse le azioni prive del diritto di voto (ad es., azioni di risparmio). Lo statuto può, tuttavia, richiedere una maggioranza più elevata. Il quorum deliberativo dell’assemblea ordinaria in prima convocazione coincide con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei votanti (ovvero la metà più uno).
Più rigida si presenta la disciplina dettata con riferimento all’assemblea straordinaria. In prima convocazione, difatti, pur non essendo espressamente richiesto un particolare quorum costitutivo, si prevede che la delibera debba essere approvata con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà del capitale sociale, fatta salva un’eventuale maggioranza più elevata richiesta dallo statuto (art. 2368, comma 2, c.c.).
Sia in sede di assemblea ordinaria, sia in sede di assemblea straordinaria, si tiene conto, quanto meno ai fini del computo del quorum costitutivo, delle azioni per le quali il diritto di voto non può essere esercitato (ad es., le azioni del socio in conflitto di interessi), fatta salva una diversa previsione di legge. Ai fini del quorum deliberativo, viceversa, tali azioni non sono calcolate, così come non sono calcolate quelle per le quali il diritto di voto non sia stato in concreto esercitato a seguito della dichiarazione di astensione del socio per conflitto di interessi (art. 2368. comma 3, c.c.).
Passando ad esaminare i quorum richiesti in seconda convocazione, va rilevato che l’assemblea ordinaria è regolarmente costituita e delibera qualunque sia la parte di capitale rappresentata. Per l’assemblea straordinaria, invece, è espressamente introdotto un quorum costitutivo rappresentato dalla partecipazione di oltre un terzo del capitale sociale. La delibera si considera approvata quando ottiene il voto favorevole di tanti soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale presente in assemblea (art. 2369, comma 3, c.c.).
In ogni caso, è fatta salva la possibilità di richiedere con lo statuto maggioranze più elevate, tranne che per l’approvazione del bilancio e per la nomina e la revoca delle cariche sociali (art. 2369, comma 4, c.c.).
Lo statuto può, inoltre, prevedere ulteriori convocazioni dell’assemblea, sia ordinaria sia straordinaria, alle quali si applica la disciplina prevista per la seconda convocazione (art. 2369, comma 6, c.c.).
Parzialmente diversa è la disciplina dettata per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.
In tal caso, ai fini della regolare costituzione dell’assemblea straordinaria di prima convocazione è necessaria la presenza di almeno la metà del capitale sociale (sempre fatta salva un’eventuale maggioranza più elevata prevista dallo statuto); il quorum deliberativo coincide con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea (art. 2368, comma 2, c.c.).
In seconda convocazione, per alcune deliberazioni di particolare importanza (cambiamento dell’oggetto sociale, trasformazione della società, scioglimento anticipato o proroga, revoca dello stato di liquidazione, trasferimento della sede sociale all’estero, emissione di azioni privilegiate), non si applicano i normali quorum (ovvero partecipazione di almeno un terzo del capitale sociale e voto favorevole dei due terzi del capitale rappresentato in assemblea), ma è richiesto il voto favorevole di tanti soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale (art. 2369, comma 5, c.c.).
Il diritto di intervento. Il diritto di voto
Possono intervenire in assemblea, insieme ad amministratori, sindaci, rappresentante comune degli azioni di risparmio e degli obbligazionisti, gli azionisti con diritto di voto, nonché i soggetti che pur non essendo soci hanno diritto di voto, come l’usufruttuario o il creditore pignoratizio. Il diritto di intervento non compete agli azionisti senza diritto di voto (azionista moroso e azionista di risparmio), eccezion fatta per il socio che ha dato le proprie azioni in pegno o in usufrutto.
L’attuale disciplina ha poi semplificato la disciplina dell’intervento in assemblea. Non è più necessario il preventivo deposito delle azioni presso la sede della società o presso le banche indicate nell’avviso di convocazione ed è venuto meno il divieto di ritiro dei titoli prima che l’assemblea abbia avuto luogo.
Preventivo deposito e ritiro anticipato, possono però essere previsti dallo statuto, che deve fissare anche il termine entro il quale il deposito deve avvenire; per le società quotate non può essere superiore a 2 giorni. Per le azioni dematerializzate il deposito dei titoli è sostituito da una comunicazione dell’intermediario che tiene i relativi conti.
Lo statuto può inoltre consentire l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione o l’espressione del voto per corrispondenza.
La rappresentanza in assemblea
Gli azionisti possono partecipare all’assemblea sia personalmente che a mezzo di rappresentante. La rappresentazione a mezzo rappresentante è regolata da due diverse discipline: una applicabile a tutte le s.p.a., l’altra, introdotta nel 1998, applicabile in alternativa alla prima solo alle società con azioni quotate.
La rappresentanza in assemblea consente la partecipazione indiretta dei piccoli azionisti alla vita della società e agevola il raggiungimento delle maggioranze assembleari nelle società con diffuso assenteismo dei soci. Tale istituto però può prestarsi anche ad abusi: attraverso il rastrellamento delle deleghe il gruppo minoritario di comando della società e/o gli amministratori possono rafforzare le proprie posizioni di potere a spese dei piccoli azionisti in occasione di assemblee che si preannunciano particolarmente combattute.
Il legislatore nel 1974 introduce delle limitazioni volte ad ostacolare la raccolta delle deleghe. La delega deve essere conferita per iscritto e deve contenere il nome del rappresentante che può farsi sostituire solo da altra persona indicata nella delega stessa. Le società o gli enti possono delegare solo un proprio dipendente o collaboratore.
Con la riforma del 2003 è stata circoscritta alle sole società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la regola che la rappresentanza può essere conferita solo per le singole assemblee, sia pure con effetto anche per le convocazioni successive.
La rappresentanza non può essere conferita a soggetti, espressione del gruppo di comando della società o sotto l’influenza diretta o indiretta dello stesso. Cioè: membri degli organi amministrativi e di controllo e dipendenti della società; società da essa controllate e membri degli organi amministrativi o di controllo o dipendenti di queste ultime.
Con la riforma del 1974 sono state introdotte limitazioni anche per quanto riguarda il numero dei soci che la stessa persona può rappresentare in assemblea: non più di venti soci, se invece si tratta di società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio non più di cinquanta, cento o duecento soci, a seconda che il capitale della società non superi i cinque milioni di euro, i venticinque milioni o infine superi quest’ultima cifra.
Il risultato di tale riforma è stato solo quello di rendere più complesso e costoso il rastrellamento delle procure, nonché di scoraggiare ulteriormente la partecipazione indiretta alle assemblee dei piccoli azionisti. Si poteva seguire anche un’altra via, cioè, non scoraggiare le deleghe, bensì di fare in modo che i piccoli azionisti rilascino le stesse in modo consapevole.
Ed è proprio questa via seguita con la riforma del 1998, che ha introdotto solo per le s.p.a. quotate gli istituti della sollecitazione e della raccolta delle deleghe. Istituti per le quali non operano le limitazioni soggettive e quantitative sopra esposte. Alla CONSOB, sono stati dati ampi poteri regolamentari e di controllo al fine di assicurare la trasparenza e la correttezza nella raccolta delle deleghe, nonché il conferimento consapevole delle stesse da parte degli azionisti.
La sollecitazione è la richiesta di conferimento di deleghe di voto rivolto a tutti gli azionisti da parte di uno o più soggetti (committente), che richiedono l’adesione a specifiche proposte di voto. Il committente deve già possedere almeno 1% delle azioni con diritto di voto(non è più richiesto che sia iscritto da almeno sei mesi nel libro dei soci).
Inoltre per effettuare la sollecitazione deve rivolgersi ad un intermediario professionale (banche, imprese di investimento) che effettuerà la sollecitazione per suo conto, mediante la diffusione di un prospetto o di un modulo di delega il cui contenuto è determinato dalla CONSOB.
La raccolta di deleghe invece risponde allo scopo di agevolare l’esercizio indiretto del voto da parte di piccoli azionisti già organizzati in associazione per la difesa dei comuni interessi. La raccolta di deleghe è la richiesta di conferimento di deleghe effettuata da associazioni di azionisti esclusivamente dei confronti dei propri associati. Gli associati non sono tenuti a conferire la delega e possono liberamente indicare nel modulo di delega come dovrà essere esercitato il proprio voto.
Le informazioni diffuse devono essere tali da consentire all’azionista una decisione consapevole e la delega rilasciata deve contenere istruzioni di voto. È revocabile fino al giorno prima dell’assemblea.