La successione ipso iure dei rapporti contrattuali riguarda i contratti stipulati per l’esercizio dell’impresa che siano ancora in corso e  che non abbiano carattere personale ( e quindi basati sull’intuitus personae) e si attua indipendentemente dal consenso o autorizzazione del contraente ceduto. Quest’ultimo ha tuttavia la facoltà di recedere dal contratto quando ricorra una giusta causa entro i tre mesi successivi alla notizia dell’alienazione.

La dichiarazione di recesso ovviamente non ha l’effetto di impedire la successione dell’acquirente nel rapporto contrattuale ma solo di eliminarne gli effetti attraverso la recessione dal contratto da parte del contraente ceduto. La giusta causa ricorre ogniqualvolta per effetto della sostituzione dell’acquirente al venditore viene a determinarsi un mutamento nella situazione oggettiva tale che il contraente non avrebbe stipulato il contratto o lo avrebbe stipulato a condizioni diverse.  La legge inoltre consente al contraente ceduto che eserciti il diritto di recesso anche la facoltà di chiedere il risarcimento del danno all’alienante.

Sorte dei debiti e dei crediti

Al trasferimento dell’azienda possono riconnettersi anche la cessione dei crediti o  l’accollo dei debiti inerenti all’azienda stessa  Tuttavia cessione e accollo non sono effetti legali (sia pure naturali) del trasferimento dell’azienda o del suo godimento ma sono conseguenza di una particolare pattuizione tra le parti al momento del trasferimento.  Infatti anche se una parte della dottrina ha sostenuto la possibilità di far derivare dal trasferimento dell’azienda, come effetto legale (naturale) la cessione dei crediti ciò non è condivisibile in quanto manca una disposizione di legge che stabilisca ciò e quindi la cessione dei crediti non potendo basarsi sulla legge deve per forza basarsi sulla volontà delle parti.

La legge infatti si limita a stabilire che non è necessaria la notificazione ai singoli debitori in quanto la cessione dei crediti, qualora sia pattuita, acquista efficacia nei confronti di terzi con l’iscrizione del trasferimento dell’azienda nel registro delle imprese fermo restando che il debitore è liberato se paga in buona fede all’alienante. Stessa cosa si può dire per i debiti in quanto non esiste una norma dalla quale possa desumersi come effetto naturale del trasferimento l’accollo dei debiti da parte dell’acquirente.  La legge si limita a stabilire che qualora tra le parti intervenga un accollo lo stesso ha carattere cumulativo e non privativo e quindi l’alienante non è liberato ma è solidalmente responsabile con l’alienante per i debiti risultati dai libri contabili obbligatori.

Vediamo quindi come la norma si disinteressa dal regolare i rapporti tra le parti preoccupandosi unicamente della posizione dei terzi.  Infatti proprio a tutela dei terzi si impone all’acquirente la responsabilità alla quale si aggiunge la responsabilità dell’alienante qualunque siano i patti intervenuti tra le parti. Ne consegue che l’acquirente, pur in mancanza di accollo dei debiti è tenuto a pagare i creditori dell’alienante che si trovano nelle condizioni richieste dalla legge  salvo il diritto di ripetizione verso quest’ultimo  per le somme versate.

Naturalmente questa responsabilità posta dalla legge può indurre l’acquirente all’accollo dei debiti ma tale accollo è comunque frutto di una volontà in questo senso e non conseguenza automatica del trasferimento dell’azienda.   La responsabilità dell’acquirente disposta ex lege  anche in mancanza di un patto di accollo è relativa ai debiti risultanti dai libri contabili obbligatori (anche se non regolarmente tenuti), dai rapporti di lavoro e dai debiti di imposta.

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