L’ organizzazione d’ impresa esprime rappresentanza di preminenza e di subordinazione nel suo contesto interno sulla base di contratti di lavoro subordinato e si avranno così ausiliari dipendenti, e di collaborazione sulla base di rappresentanze negoziali diversi, nel qual caso si usa parlare di ausiliari indipendenti. Il codice non ha cura di ordinare nel dettaglio i rappresentanti organizzativi interni. Quanto alle 3 figure tipiche regolate dal codice, queste si distinguono nettamente tra loro soprattutto per la funzione esercitata.
a) Ai COMMESSI sono affidate funzioni tecnico materiali, a carattere esecutivo, di regola attinenti al momento finale del ciclo produttivo cosicchè il contatto coi terzi sarà normale. Soggiacciono pienamente alle direttive di chi è gerarchicamente superiore nella sequenza organizzativa e che rappresenta l’ impresa nei loro confronti. Godono del potere d’ impegnare l’ impresa per “gli atti che ordinariamente comporta la specie di operazioni di cui sono incaricati” e per i quali appaiono incaricati, anche se manchi specifico atto di conferimento di procura, perchè appunto obiettivamenteente rappresentano l’ impresa nelle funzioni loro specificamente affidate. Tale rappresentanza obiettiva dell’ impresa incontra alcuni limiti disposti dalla legge: i commessi “non possono esigere il prezzo delle merci delle quali non facciano la consegna, nè concedere dilazioni o sconti che non sono d’ uso, salvo che siano a ciò espressamente autorizzati.
b) I PROCURATORI non sono preposti all’ esercizio dell’ impresa. Rappresentano dunque l’ impresa solo in determinati suoi settori operativi. La procura loro concessa va iscritta nel registro delle imprese, e in tal caso conterrà evidentemente l’ indicazione del settore operativo affidato e se del caso limitazioni ai poteri gestori. In mancanza, la rappresentanza del procuratore si riterrà generale. I procuratori non hanno rappresentanza processuale, nè attiva nè passiva, neppure per gli atti da essi stessi posti in essere.
c) L’ ISTITUTORE è colui che è preposto all’ esercizio dell’ impresa o di una sede secondaria o di un ramo particolare dell’ impresa. La sua nomina, che si traduce nella cosiddetta procura institutoria, e le eventuali modifiche e revoca, vanno iscritte presso il registro delle imprese. Gode di poteri generali di gestione dell’ impresa o del ramo d’ impresa affidatogli, a meno che la procura istitutoria iscritta nel registri non disponga limiti, e sta in giudizio in nome dell’ impresa per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell’ esercizio dell’ impresa o del ramo dell’ impresa cui è preposto (art. 2204.2). E’ tenuto assieme all’ imprenditore “all’ osservanza delle disposizioni riguardanti l’ iscrizione nel registro delle imprese e la tenuta delle scritture contabili” (art. 2205). L’ ampiezza del potere gestorio affidato all’ istitutore e il connotato obiettivo della rappresentanza dell’ impresa sono confermati dal fatto che:
1. se è tenuto, secondo i principi generali, a far conoscere al terzo che tratta per il preponente, cioè per l’ imprenditore;
2. nondimeno, ove a tale manifestazione della procura istitutoria non si addivenga, l’ istitutore che non abbia speso il nome dell’ impresa come doveva è personalmente responsabile, ma il terzo può agire anche contro il preponente, cioè sollevare pretesa nei confronti dell’ impresa, per gli atti “pertinenti” all’ esercizio dell’ impresa o del ramo d’ impresa al quale l’ istitutore è preposto.
La connotazione di vertice della preposizione di vertice della preposizione istitutoria è sottolineata ancora dal fatto che in caso di fallimento dell’ impresa l’ istitutore, seppure non fallisce, è tuttavia assoggettato, ove colpevole, alle sanzioni penali previste per il fallito.
La complessità dell’ organizzazione può suggerire le preposizioni di più istitutori. In tal caso agiranno, a meno che non sia diversamente disposto nella procura, ciascuno disgiuntamente dagli altri.