Imprese agricole e imprese soggette a registrazione

La legge fissa accanto ad uno statuto generale che riguarda ogni imprenditore anche statuti speciali applicabili a singole categorie di imprenditori in base all’oggetto dell’attività da loro esercitata. E’ comunque centrale la categoria individuata dall’art. 2195 cc delle imprese soggette a registrazione: in questa categoria rientrano imprese che pur essendo economicamente diverse (imprese commerciali, industriali, assicurative, bancarie, di trasporti, ausiliarie) vengono comunque equiparate, in quanto soggette a registrazione, alle imprese commerciali.

Nella originaria visione del codice infatti alla impresa commerciale veniva contrapposta l’impresa agricola che invece oggi è soggetta a registrazione anche se in una sezione speciale del registro delle imprese con effetto di pubblicità dichiarativa.  Del resto abbiamo già sottolineato in precedenza come il nuovo articolo 2135 cc qualifica come impresa agricola una impresa commerciale operante nel ramo dell’agricoltura.  Appare quindi oggi superata la tradizionale contrapposizione tra attività agricola e attività commerciale.

La capacità all’esercizio dell’impresa

Lo statuto generale dell’imprenditore riguarda soprattutto la capacità del soggetto e l’imposizione allo stesso di determinati obblighi professionali.  La capacità all’esercizio dell’impresa  spetta a tutti, cittadini o stranieri, che abbiano la capacità di agire che si acquista, secondo il codice civile, a 18 anni.  La legge può inoltre subordinare l’esercizio dell’impresa a determinate condizioni legali (autorizzazioni, concessioni, ecc) o può vietarla a coloro che esercitano determinate professioni (incompatibilità)  ma la mancanza di tali condizioni o l’inosservanza dei divieti non escludono la validità degli atti posti in essere dall’imprenditore e non impediscono il verificarsi degli effetti che la legge connette all’esercizio dell’impresa ma comportano solo l’applicazione delle sanzioni penali o amministrative previste.

Invece l’esercizio dell’impresa da parte di incapaci è ammesso solo se consentito dalla legge e dopo l’ottenimento delle necessarie autorizzazioni con la conseguenza che in mancanza di ciò l’incapace non assume la qualifica di imprenditore.  Per quanto riguarda i minori, gli interdetti e gli inabilitati è ammessa solo la continuazione dell’esercizio di una impresa già esistente e previa autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare.  Il minore emancipato (maggior di sedici anni che ha contratto matrimonio) può essere invece autorizzato dal tribunale (previo parere del giudice tutelare e sentito il curatore) anche ad iniziare ex novo l’esercizio di una impresa e in questo caso acquista capacità generale anche con riguardo agli atti non inerenti all’esercizio dell’impresa.

Per l’inabilitato il rilascio dell’autorizzazione può essere subordinato alla nomina di un institore e può essere revocata qualora il rappresentante dell’incapace non si adegui alle disposizioni del tribunale o quando l’esercizio risulti a danno dell’incapace stesso. Anche per il minore emancipato l’autorizzazione può essere revocata d’ufficio o su richiesta del curatore.  L’incapace che ottiene l’autorizzazione assume la qualifica di imprenditore con tutte le conseguenze giuridiche che ne derivano ma i relativi obblighi e le eventuali sanzioni penali ricadono sul rappresentante legale o sull’institore (nel caso di inabilitato).

Le limitazioni di capacità nel sistema originario del codice non riguardavano né l’impresa agricola né la piccola impresa. Per quanto riguarda la prima però sono venute meno le ragioni di tale esclusione che erano giustificate solo con l’identificazione del l’imprenditore agricolo con il proprietario..  Le ragioni dell’esclusione sono invece ancora valide per la piccola impresa.  Ci sono inoltre alcune ipotesi in cui l’esercizio dell’impresa è consentito solo a determinati soggetti (es. società per azioni con riferimento all’attività bancaria o assicurativa). In questo caso l’inibizione riguarda il soggetto ma costituisce un limite non alla sua capacità ma alla sua libertà.

Ne consegue che l’esercizio dell’impresa da parte del soggetto che non ha i requisiti richiesti dalla legge  non determina l’invalidità degli atti posti in essere ma solo l’applicazione delle sanzioni penali o amministrative previste dalla legge (oltre che la possibilità di liquidazione coatta dell’impresa). Pertanto l’esercizio dell’impresa da parte del soggetto che non ha i requisiti previsti è equiparato a quello del soggetto non autorizzato con la sola differenza che in questo secondo caso la violazione del divieto può essere sanata attraverso l’ottenimento della autorizzazione stessa.

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