La disciplina dei contratti plurilaterali consente, ai sensi dell’ art. 1459, la permanenza del rapporto anche quando venga meno la partecipazione di una delle parti, salvo che questa debba, secondo le circostanze, essere considerata essenziale. Così è anche nelle società in nome collettivo, dovendosi però tenere presente che considerazione a sè merita l’ ipotesi della SOCIETA’ DI DUE SOCI. Il venir meno della partecipazione di uno dei due soci provoca il venir meno della stessa pluralità di parti, sicché l’ intero rapporto si sottrae al modello societario. Si registra così una causa di scioglimento della società (art. 2272.1, n.4).

Il rapporto societario conserva tuttavia una sua valenza e una sua potenzialità. Per non sciogliersi, deve vedere la pluralità di soci ricostruita entro 6 mesi. I casi di scioglimento parziale del rapporto societario sono 3: per recesso, per esclusione o per morte del socio. Il verificarsi di una causa di scioglimento limitatamente al socio rappresenta sempre MODIFICA dell’ atto costitutivo. Il fatto deve essere però iscritto nel registro delle imprese, altrimenti non essendo opponibile al terzo a meno che non si provi che ne fosse a conoscenza.

A) La MORTE DEL SOCIO produce come effetto ex lege lo scioglimento del rapporto fra tale socio e la società, con il conseguente obbligo per i soci superstiti di liquidare la quota del socio defunto ai suoi eredi entro 6 mesi, artt. 2284 e 2289. Quindi, i soci superstiti non sono tenuti a subire il subingresso in società degli eredi del defunto.

L’art. 2284 concede ai soci superstiti altre due possibilità:

– essi possono decidere lo scioglimento anticipato della società. In tal caso gli eredi del socio defunto non hanno più diritto alla liquidazione della quota entro i 6 mesi, ma devono attendere la liquidazione della società per partecipare alla divisione dell’attivo che residua dopo l’estinzione dei debiti sociali;

– essi possono decidere di continuare la società con gli eredi del defunto, ma in tal caso è necessario il consenso unanime di tutti i soci superstiti e degli eredi.

Tale decisioni devono essere prese entro 6 mesi dai soci superstiti e gli eredi non hanno alcuno strumento giuridico per rimuovere lo stato di incertezza e costringere i soci ad una decisione anticipata. L’art. 2284 fa salve le diverse disposizioni del contratto sociale, lasciando ai soci ampia libertà. Le clausole più diffuse nella pratica sono:

– la clausola di consolidazione, con la quale si stabilisce che la quota del socio defunto resterà acquisita agli altri soci, mentre agli eredi sarà liquidato solo il suo valore;

– la clausola di continuazione con gli eredi, con la quale i soci manifestano in via preventiva il consenso al trasferimento della quota mortis causa; tale clausola si distingue in tre gruppi:

o la clausola vincola solo i soci superstiti, mentre gli eredi sono liberi di scegliere se aderire alla società o richiedere la liquidazione della quota, detta clausola di continuazione facoltativa;

o la clausola prevede anche l’obbligo degli eredi di entrare in società, con la conseguenza che essi saranno tenuti a risarcire i danni ai soci superstiti ove non prestino il loro consenso; è detta clausola di continuazione obbligatoria;

o la clausola prevede l’automatico subingresso degli eredi in società; è detta clausola di successione.

Queste due ultime clausole limitano la libertà di decisione degli eredi. Una parte della dottrina le ritiene valide, un’altra le ritiene invalide.

B) Il RECESSO è lo scioglimento del rapporto sociale per volontà del socio, art. 2285. Se la società è a tempo indeterminato o è contratta per tutta la vita di uno dei soci, ogni socio può recedere liberamente. Il recesso dovrà essere comunicato a tutti gli altri soci con un preavviso di almeno tre mesi, art. 2285, 3° comma, ed ha effetto decorso tale termine. Nella società in nome collettivo, in caso di proroga tacita della società, il socio ha diritto di recesso, art. 2307, 3° comma.

Se la società è a tempo determinato, il recesso è ammesso per legge solo se sussiste giusta causa, art. 2285, 2° comma, cioè se il recesso è una reazione ad un illegittimo comportamento degli altri soci tale da incrinare la reciproca fiducia. Anche la volontà di recedere per giusta causa deve essere portata a conoscenza degli altri soci, ma in tal caso il recesso ha effetto immediato. Il contratto sociale può prevedere altre ipotesi di recesso oltre quelle stabilite per legge, specificandone le modalità di esercizio, detto recesso convenzionale.

C) L’ultima delle cause di scioglimento parziale del rapporto sociale è costituita dall’ ESCLUSIONE del socio della società. Essa può aver luogo di diritto oppure è facoltativa, cioè è rimessa alla decisione degli altri soci.

È escluso di diritto, art. 2288:

  1. a) il socio che sia dichiarato fallito; l’esclusione opera dal giorno stesso della dichiarazione di fallimento;
  2. b) il socio il cui creditore particolare abbia ottenuto la liquidazione della quota, nei casi consentiti per legge; l’esclusione opera solo quando la liquidazione sia avvenuta effettivamente.

L’esclusione facoltativa, art. 2286, può avvenire per:

  1. a) gravi inadempienze degli obblighi che derivano dalla legge o dal contratto sociale, come il mancato conferimento di quanto promesso o il comportamento ostruzionistico del socio;
  2. b) interdizione, inabilitazione del socio;
  3. c) sopravvenuta impossibilità di esecuzione del conferimento per causa non imputabile agli amministratori.

L’esclusione è deliberata dalla maggioranza dei soci calcolata per teste, art. 2287. La deliberazione, motivata, deve essere comunicata al socio escluso ed ha effetto decorsi 30 giorni dalla data di comunicazione. Entro tale termine il socio può fare opposizione davanti al tribunale, il quale può sospendere l’esecuzione della delibera. Se la società è formata da soli due soci, l’esclusione di uno di essi è pronunciata direttamente dal tribunale su domanda dell’altro, art. 2287, 3° comma, e diventa operante quando la sentenza sia passata in giudicato.

In tutti i casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente ad un socio, questi o i suoi eredi hanno diritto alla liquidazione della quota sociale. O meglio, hanno diritto soltanto ad una somma di danaro che rappresenti il valore della quota, art. 2289. Ciò significa che il socio non ha diritto alla restituzione dei beni conferiti in proprietà o in godimento finché dura la società. Il valore della quota è determinato in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto, tenendo conto delle operazioni in corso.

La situazione patrimoniale della società va determinata attribuendo ai beni il loro valore effettivo, nonché tenendo conto del valore di avviamento dell’azienda sociale, degli utili e delle perdite delle operazioni in corso. Il pagamento della quota spettante al socio deve essere effettuato entro 6 mesi dal giorno in cui si è verificato lo scioglimento del rapporto, art. 2289, e se richiesto dal creditore particolare deve essere fatto entro tre mesi dalla richiesta, art. 2270. Il socio uscente o gli eredi del socio defunto sono responsabili delle obbligazioni sociali contratte prima dello scioglimento del rapporto.

 

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