La nozione di imprenditore delineata dall’art. 2082 è una nozione generale che è valida in tutti i campi dell’economia e quindi anche in quello agricolo.  Occorre però accennare alla profonda evoluzione che si è avuta nel ruolo che il sistema originario del codice del 1942 assegnava all’imprenditore agricolo.  Infatti il testo originario dell’art. 2135 del cc  definiva imprenditore agricolo colui che esercita una attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse, definendo queste ultime come attività dirette alla trasformazione o vendita dei prodotti agricoli che rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura.

Se ne desumeva quindi che le attività connesse non rientravano nell’attività agricola e  venivano sottratte alla disciplina propria delle attività industriali e commerciali (per essere assoggettate ai principi regolanti le attività agricole) solo quando erano collegate alle attività di produzione agricole secondo un criterio di normalità.  Se ne deduceva anche che il fine di lucro veniva a mancare nel caso dell’imprenditore agricolo il quale aveva lo scopo di ricavare i frutti della sua attività ma non quello di vendere e quindi di esercitare una  attività intermediaria a fine di lucro.

Nel testo originario dell’art. 2135 quindi la funzione dell’imprenditore agricolo si esauriva essenzialmente nell’attività produttiva   in quanto l’attività di trasformazione e di scambio veniva considerata non rientrante di per sé nell’attività agricola ma veniva considerata come connessa ad essa solo quando rientrasse nell’esercizio normale dell’agricoltura. Qualora invece l’attività produttiva  fosse voluta  come mezzo per realizzare un lucro attraverso la vendita sul mercato non si era nella sfera regolata dall’art. 2135 e quindi non si configurava impresa agricola ma impresa industriale ai sensi dell’art. 2195 del cc.  Nel testo originario dell’art. 2135 pertanto l’impresa agricola non rientrava nella nozione di impresa ai sensi dell’art. 2082 del cc.

 Infatti  ai sensi dell’art. 2082 l’attività economica è organizzata al fine della produzione o scambio di beni o servizi mentre ai sensi dell’art. 2135 l’attività è diretta alla coltivazione del fondo . Il soddisfacimento dei bisogni del mercato è quindi lo scopo dell’impresa ai sensi dell’art. 2082  ma non della impresa agricola ai sensi del testo originario dell’art. 2135 per il quale tale scopo può aggiungersi e considerarsi connesso all’attività agricola solo se rientra nell’esercizio normale dell’agricoltura.

La materia ha subito nel tempo una profonda trasformazione in quanto il nuovo art. 2135 stabilisce che è imprenditore agricolo chi esercita una delle cosiddette attività principali, ossia la coltivazione del fondo, la selvicoltura, o l’allevamento di animali ma precisa che tali attività devono essere dirette alla cura o sviluppo di un ciclo biologico di carattere vegetale o animale che utilizza o può utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

L’art. 2135 precisa che  devono essere considerate come attività connesse le attività esercitate dallo stesso imprenditore agricolo dirette alla manipolazione, trasformazione  e commercializzazione che abbiano per oggetto i prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o dall’allevamento di animali  o le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata.

In tal modo la figura dell’imprenditore agricolo risulta ampliata rispetto a quella originaria.. All’imprenditore agricolo è quindi ora equiparato l’imprenditore ittico e viene considerata agricola l’attività di agriturismo e l’apicoltura. Occorre sottolineare che la legge definisce come attività agricole principali non tutte le forme di coltivazione del fondo o di allevamento di animali ma solo quelle dirette alla cura o sviluppo di un ciclo biologico che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque.

La necessità di un collegamento ad un ciclo biologico e il fatto che l’attività può prescindere dall’utilizzo del fondo dimostrano la necessità di distinguere l’imprenditore agricolo dal proprietario che si limita a compiere atti di godimento o di disposizione sul fondo di cui è proprietario, soggetto quest’ultimo che rappresentava invece il prototipo dell’imprenditore agricolo secondo il testo precedente dell’art. 2135.  Si deve inoltre sottolineare come il criterio per individuare le attività connesse (che vengono ad essere sottratte alla sfera di applicazione della disciplina dell’impresa commerciale) non è più quello di normalità ma quello della prevalenza.  Si qualificano infatti  come attività agricole connesse le attività che hanno per oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dall’esercizio da parte dello stesso imprenditore agricolo di una delle attività principali.

Tale criterio di prevalenza però può condurre a disparità di trattamento giuridico tra situazioni analoghe (es. l’albergatore ha qualifica di imprenditore commerciale  mentre il gestore di un agriturismo è considerato come imprenditore agricolo) e pertanto è necessario, al di là della formula unificante adottata dal legislatore, distinguere i diversi fenomeni economici che possono verificarsi in materia agricola.  Pertanto qualora la produzione e trasformazione dei beni o la fornitura di servizi assume carattere di attività industriale allora siamo in presenza di vere e proprie imprese commerciali ai sensi dell’art. 2195 cc e come tali soggette allo statuto dell’imprenditore commerciale in quanto in questo caso. la  coltivazione del fondo, o l’allevamento di animali non sono che una fase di una attività economica più complessa che culmina in un atto di scambio

Al di fuori di questa ipotesi invece vi è attività organizzata ma non impresa mancando lo scopo determinante dell’attività imprenditoriale che consiste nell’attività diretta a soddisfare i bisogni del mercato.. Ragionando in questi termini possiamo quindi comprendere come non esista uno statuto dell’imprenditore agricolo distinto dallo statuto dell’imprenditore commerciale ma solo uno statuto dell’imprenditore valido in tutti i campi, ma anche come non esista un imprenditore agricolo (ai sensi del nuovo art. 2135) che non sia anche imprenditore commerciale.

In definitiva mentre nel sistema originario la figura dell’imprenditore agricolo risultava estranea ed alternativa a quella dell’imprenditore  commerciale in quanto finiva con il coincidere con quella di proprietario attualmente la situazione si è capovolta nel senso che nel vigente sistema per imprenditore agricolo si intende non solo un imprenditore ai sensi dell’art. 2082 cc ma anche un imprenditore commerciale ai sensi dell’art. 2195.

Nonostante le profonde modificazioni della disciplina dell’impresa agricola resta quindi fermo che non esistono imprese diverse da quella commerciale. Nel sistema originario  si perveniva a questa conclusione negando all’impresa agricola il carattere di impresa mentre nel sistema attuale si perviene alla stessa conclusione prendendo atto del fatto che l’impresa agricola definita dal testo attuale dell’art. 2135 non è altro che una impresa commerciale ed in particolare una impresa industriale operante nel campo dell’agricoltura.

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