Limitazioni convenzionali della concorrenza
Limitazioni della concorrenza ossia della libertà di iniziativa economica possono essere poste dalla legge o in conseguenza di un contratto e quindi possono essere effetto di accordi volontari o di norme che in determinati settori e in determinati limiti escludono la libertà di iniziativa economica dei soggetti. La violazione delle limitazioni convenzionali o legali della concorrenza costituiscono concorrenza illecita e non concorrenza sleale. L’astensione dalla concorrenza infatti in questi casi è un obbligo sorgente da contratto o da legge e il compimento quindi di un atto di concorrenza costituisce quindi un atto illecito anche quando sia compiuto nel rispetto dei principi di correttezza professionale.
Limitazioni convenzioni indirette e dirette
Le limitazioni convenzionali alla concorrenza possono essere l’effetto di un contratto che non ha per oggetto la limitazione della concorrenza (limitazioni indirette) o possono essere l’effetto di un contratto che ha per oggetto specifico la limitazione della concorrenza (limitazioni dirette). Si ha ad esempio limitazione indiretta in materia di rapporti di lavoro dove il codice civile prevede che il prestatore di lavoro non deve trattare affari in concorrenza con l’imprenditore da cui dipende. Esempi di limitazione diretta della concorrenza sono quelli che si attuano mediante accordi bilaterali o plurilaterali tra imprese che assumono il nome di cartelli con i quali i singoli imprenditori si impegnano a non vendere i loro prodotti nella zona riservata ai loro concorrenti (cartelli di zona) o a non vendere al di sotto o al di sopra dei prezzi stabiliti (cartelli di prezzi) o a non vendere a condizioni contrattuali diverse da quelle stabilite (cartelli di condizioni contrattuali).
Valutazione normativa dei patti limitativi della concorrenza
L’ordinamento giuridico italiano valuta le limitazioni convenzionali della concorrenza sia dal punto di vista dei soggetti in quanto esse comportano una limitazione della libertà personale sia dal punto di vista oggettivo e quindi per l’influenza che esse esercitano sul mercato eliminando il libero gioco della concorrenza. Infatti la legge 287 del 1990 vieta le intese restrittive della concorrenza qualora siano idonee a produrre effetti sul mercato o su una sua parte rilevante e del pari l’art. 81 del Trattato Ce prevede la stessa cosa quando tali effetti si manifestano nel mercato comune europeo. Per quanto riguarda il punto di vista della libertà economica del soggetto l’art. 2596 cc richiede che il patto limitativo della concorrenza debba essere provato per iscritto e richiede anche per la sua validità che esso sia circoscritto nell’oggetto, nello spazio e nel tempo precisando che la sua durata non possa eccedere il quinquennio.