La scelta dei criteri di valutazione è fondamentale in quanto è evidente che una scelta volta a favorire sottovalutazioni potrebbe favorire la formazione di riserve occulte e quindi porsi in contrasto con l’interesse dei soci alla distribuzione degli utili. Al contrario una scelta volta a favorire sopravvalutazioni potrebbe consentire l’accertamento di utili non realizzati creando pericolo per l’integrità del capitale sociale. E’ ovvio quindi che il legislatore abbia stabilito principi per ottenere la correttezza nei criteri adottati .

Il primo principio è quello della continuità del bilancio per il quale la valutazione delle singole voci deve essere fatta nei successivi bilanci con lo stesso criterio. Infatti se si adottassero nei vari bilanci criteri di valutazione diversi diventerebbe impossibile confrontare le singole voci nei diversi anni e quindi determinare l’effettivo incremento o decremento nel patrimonio della società. A tale principio sono consentite deroghe, come abbiamo detto, solo in casi eccezionali.

Altro principio è quello per cui nemmeno profonde modificazioni nel valore della moneta possono consentire rivalutazioni nelle voci di bilancio. Ciò infatti può avvenire soltanto dietro intervento del legislatore con leggi speciali ed infatti è ovvio che una rivalutazione monetaria comporterebbe una modificazione nel rapporto esistente tra capitale e patrimonio facendo apparire come utile il plusvalore che deriva invece da una diversa valutazione dei beni. Per tale motivo quando il legislatore consente la rivalutazione monetaria impone anche un corrispondente aumento del capitale sociale o la creazione di particolari fondi di rivalutazione.

Circa la valutazione delle singole voci che deve essere effettuata in ogni caso in base al principio di prudenza il legislatore impone la regola del prezzo di costo (di produzione o di acquisto). Per quanto riguarda i beni fungibili e quindi le scorte di magazzino e le materie prime il costo può essere calcolato con una media ponderata o con il metodo del primo entrato primo uscito (fifo) o del ultimo entrato primo uscito (lifo). Per quanto riguarda le partecipazioni in imprese collegate o controllate si può scegliere tra il criterio del costo e il criterio del patrimonio netto (cioè facendo riferimento alla quota corrispondente del patrimonio netto risultante dal bilancio dell’impresa collegata o controllata).

I bilanci per particolari categorie di imprese

La legge consente la redazione del bilancio in forma abbreviata e quindi con un numero minore di voci alle società che non superano due dei seguenti limiti : totale dell’attivo 4.400.000 euro, ricavi 8.800.000 euro e 50 dipendenti. (per quanto riguarda le società a responsabilità limitata il superamento per due esercizi consecutivi di due di questi limiti comporta l’obbligatorietà della nomina del collegio sindacale).

Inoltre la disciplina generale di bilancio non si applica alle banche e alle società finanziarie per le quali si applica invece la disciplina dettata, in attuazione delle direttive della U.E., dal Decreto Legislativo n. 87 del 1992. Tale disciplina contiene specifiche indicazioni riferite alla particolarità dell’attività esercitata e attribuisce alla Banca d’Italia il potere di dettare le forme tecniche dei bilanci e la modalità della loro pubblicazione. Anche le imprese assicurative sono soggette ad una disciplina speciale in materia di bilancio.

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