L’attività dei professionisti intellettuali è un attività economica, ma non è legislativamente considerata attività d’impresa. Una società tra professionisti per l’esercizio in comune delle loro attività, darebbe vita ad un ipotesi di società senza impresa. Controversa è la possibilità stessa dell’esercizio in forma societaria delle professioni intellettuali; controversa è l’ammissibilità delle società fra professionisti. La nozione di società non offre indicazioni preclusive; infatti l’art. 2247 parla di attività economica non di attività d’impresa. Esso va però coordinato con altre norme.
Con le norme del codice civile che regolano l’esercizio delle professioni intellettuali, dalle quali emerge con chiarezza il carattere rigorosamente personale dell’attività del professionista intellettuale. L’art. 2232, infatti, impone di eseguire personalmente l’incarico assunto e, pur consentendogli di avvalersi di sostituti ed ausiliari, puntualizza che questi ultimi devono sempre operare sotto la loro direzione e responsabilità.
Con la legge 23.11.1939 n. 1815, che disciplina gli studi di assistenza e di consulenza. In base a tale legge, le persone che si associano per l’esercizio della professione debbono usare nella denominazione del loro ufficio e nei rapporti con i terzi esclusivamente la dizione di studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo e tributario, seguito dal nome, dal cognome, coi titoli professionali, dei singoli associati.
Quindi è inammissibile la formazione di società tra professionisti. Il carattere rigorosamente personale della prestazione, imposto dall’art. 2232, non si concilia con l’esercizio della professione da parte di un ente impersonale quale è una società.
L’evoluzione delle professioni intellettuali, in particolare quelle che richiedono grossi investimenti di capitali, spinge inevitabilmente verso l’utilizzazione di strutture organizzative di tipo imprenditoriale per il loro esercizio in forma associata. Le soluzioni permissive accolte in altri paesi della comunità europea, spingono anche da noi in Italia verso un intervento legislativo volto a consentire la costituzione di società tra professionisti.
Si è affidato ad un regolamento governativo il compito di fissare la disciplina delle società fra professionisti (art.2 legge 266/1997). A tutt’oggi, tale regolamento non è stato ancora emanato. Unica eccezione è costituita dalla società di avvocati introdotta nel 2001 in cui è stata data attuazione alla direttiva CE n.98/5 volta a facilitare il libero esercizio della professione nell’ambito dell’unione europea.
La società tra avvocati ha per oggetto l’esercizio in comune dell’attività professionale di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio svolta dai propri soci. E’ regolata dalle norme della società in nome collettivo, ove non diversamente disposto dalla relativa disciplina speciale. Quanto a quest’ultima si prevede che tutti i soci devono essere in possesso del titolo di avvocato e che non è consentita la partecipazione ad altra società di avvocati.
La ragione sociale è costituita dal nome e dal titolo professionale di tutti i soci ovvero di uno o più soci, seguito dalla locuzione “ed altri”; deve contenere l’indicazione società tra professionisti in forma abbreviata. La società è iscritta in una sezione speciale del registro delle imprese relativa alle società fra professionisti e in una sezione speciale dell’albo degli avvocati. Non è soggetta al fallimento, in quanto non svolge attività di impresa.
L’amministrazione della società non può essere affidata a terzi; inoltre il cliente ha il diritto di chiedere che l’esecuzione dell’incarico conferito alla società sia affidata ad uno o più soci da lui scelti. Se la scelta non è stata effettuata, la società comunica al cliente il nome del socio o dei soci incaricati, prima dell’inizio dell’esecuzione del mandato. Solo il socio, o i soci incaricati (e non tutti i soci) sono personalmente ed illimitatamente responsabili per l’attività professionale svolta in esecuzione all’incaricato. Con essi risponde la società con il proprio patrimonio.
La società fra professionisti (in generale) va tenuta distinta dalla cosiddetta società di mezzi tra professionisti; una società cioè costituita da professionisti per l’acquisto e la gestione in comune di beni strumentali all’esercizio individuale delle rispettive professioni (ex: due medici, per dividersi le spese di studio, costituiscono una società per la gestione di ogni aspetto non strettamente professionale della loro attività, come acquisto delle apparecchiature sanitarie, assunzione del personale, tenuta della contabilità etc.).
Tale società, quindi, non ha per oggetto l’esercizio della professione medica. Questa infatti è svolta dai singoli medici, sia pure avvalendosi dell’apparato strumentale messo a loro disposizione dalla società. Va inoltre distinto dalle società tra professionisti, le società che offrono sul mercato un servizio complesso, per la cui realizzazione sono necessarie anche prestazioni professionali dei soci o dei terzi. Prestazioni queste ultime che hanno però carattere strumentale e servente rispetto al servizio unitario offerto dalla società, che non si identifica con quello tipico di alcuna delle professioni intellettuali.