Tre sono i fenomeni rilevanti per la disciplina antimonopolistica nazionale e comunitaria:

1. le intere restrittive della concorrenza

2. l’abuso di posizione dominante

3. le concentrazioni

Le intese sono comportamenti concordati fra imprese volti a limitare la propria libertà di azione sul mercato (ad esempio, accordi con cui si fissano prezzi uniformi o si contingenza la produzione). Non tutte le intese anticoncorrenziali sono però vietate. Lo sono solo quelle che “abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza”.

Sono quindi lecite le cosiddette intese minori, quelle intese che non incidono in modo rilevante sull’assetto concorrenziale del mercato.

Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto: chiunque può agire in giudizio per farne accertare la nullità. L’Autorità a sua volta adotta i provvedimenti per la rimozione degli effetti anticoncorrenziali già prodottisi ed irroga le relative sanzioni pecuniarie.

Il divieto di intese anticoncorrenziali rilevanti non ha però carattere assoluto.

L’Autorità può infatti concedere esenzioni temporanee purché si tratti di intese che migliorano le condizioni di offerta del mercato e producono un sostanziale beneficio per i consumatori.

Il secondo fenomeno preso in considerazione è l’abuso di posizione dominante.

Eccezion fatta per il settore dei mezzi di comunicazione di massa, vietato non è il fatto in sé dell’acquisizione di una posizione dominante sul mercato bensì lo sfruttamento abusivo di tale posizione con comportamenti capaci di pregiudicare la concorrenza effettiva.

Ad un’impresa in posizione dominante è in particolare vietato di:

1. imporre prezzi o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravosi

2. impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato

3. applicare condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti.

Il divieto di abuso di posizione dominante non ammette eccezioni: accertata l’infrazione, l’Autorità competente ne ordina la cessazione prendendo le misure necessarie.

Il terzo fenomeno posto sotto controllo dalla legislazione antimonopolistica è costituito dalle operazioni di concentrazione fra imprese.

Si ha concentrazione quando:

  • due o più imprese si fondono dando così luogo ad un’unica impresa (concentrazione

giuridica)

  • due o più imprese, pur restando giuridicamente distinte, diventano un’unica entità

economica (concentrazione economica)

  • due o più imprese indipendenti costituiscono un’impresa societaria comune.

Le concentrazioni costituiscono un utile strumento di ristrutturazione aziendale e non sono di per sé vietate in quanto rispondono all’esigenza di accrescere la competitività delle imprese. Diventano però illecite e vietate quando diano luogo a gravi alterazioni del regime concorrenziale del mercato.

È perciò stabilito che le operazioni di concentrazione che superano determinate soglie di fatturato, a livello nazionale o comunitario, devono essere preventivamente comunicate rispettivamente all’Autorità italiana o alla Commissione CE.

L’Autorità può vietare la concentrazione se ritiene che la stessa comporta la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante con effetti distorsivi per la concorrenza stabili e durevoli. In alternativa può autorizzarla prescrivendo le misure necessarie per impedire tali conseguenze. Pesanti sanzioni, che possono giungere sino al 10% del fatturato, sono inflitte se la concentrazione vietata viene ugualmente eseguita o se le imprese non si adeguano a quanto prescritto per eliminare gli effetti anticoncorrenziali della concentrazione già realizzata.

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