In caso di riunione extrassembleare ( e quindi solo per le società a responsabilità limitata) la legge si limita a richiedere che il consenso sia manifestato per iscritto e che la relativa documentazione sia conservata dalla società e quindi è sufficiente che lo statuto descriva il modo in cui tale consenso deve essere raccolto. Nel caso invece di riunione assembleare si pongono problemi più complessi ai quali provvede la disciplina del legislatore, dell’atto costitutivo e dello statuto, e le norme adottate dall’assemblea ordinaria stessa con specifico regolamento. La legge richiede la presenza di un presidente dell’assemblea dotato di poteri ordinatori, in generale il presidente della società o persona eletta dalla maggioranza dei presenti.
Per le società per azioni la legge richiede anche la presenza di un segretario a meno che il verbale sia redatto da un notaio. L’assemblea si divide in due fasi: nella prima il presidente accerta il quorum costitutivo e l’identità e la legittimazione dei presenti a partecipare all’assemblea stessa. Nella seconda fase l’assemblea discute e delibera sugli argomenti posti all’ordine del giorno e in questa fase il presidente deve assicurare un regolare svolgimento dei lavori e alla fine accertare i risultati della votazione.
Deve inoltre essere redatto il verbale dell’assemblea che ha la funzione di far risultare le due fasi dell’assemblea e le decisioni prese, e la legge richiede espressamente per le società per azioni che il verbale sia sottoscritto dal presidente e dal segretario con la conseguenza che per le società a responsabilità limitata le due funzioni possano essere cumulate nella stessa persona. Identica è invece la disciplina per le assemblee straordinarie nelle due società in quanto in tutti i casi la legge richiede che il verbale sia redatto da un notaio.
I verbali devono essere redatti nei tempi stabiliti per l’esecuzione degli obblighi di deposito e pubblicazione e devono essere trascritti in apposito libro. Secondo la vigente disciplina (successiva alla riforma) l’incompletezza o inesattezza del verbale comporta l’annullabilità della deliberazione solo se essa impedisce ad accertare il contenuto, gli effetti e la validità della deliberazione stessa.
La mancanza del verbale invece comporta l’impugnabilità della deliberazione nel termine di tre anni anche se è stabilito che la verbalizzazione tardiva (purchè eseguita prima della successiva assemblea) comporta la sanatoria dell’invalidità della deliberazione per mancanza del verbale e in tal caso la deliberazione ha effetto dalla data in cui è stata presa salvi i diritti dei terzi che in buona fede ne ignoravano l’esistenza.