Il patrimonio netto della società (o capitale reale) può scendere, per effetto di perdite, al di sotto del capitale sociale nominale. La riduzione del capitale sociale per perdite consiste nell’adeguare la cifra del capitale sociale nominale all’attuale minor valore del capitale reale. E’ quindi una riduzione puramente nominale, dato che non comporta di per se alcuna riduzione del patrimonio sociale; quest’ultime si è infatti già verificata per effetto delle perdite subite dalla società. La società non è obbligata a ridurre il capitale sociale fino a quando la perdita dello stesso non sia superiore ad un terzo.

Affinché questa situazione ricorra è necessario che le perdite abbiano completamente eroso tutte le riserve. Non si ha infatti perdita del capitale fin quando l’importo delle perdite non supera l’ammontare delle riserve. La società può comunque ugualmente ridurre il capitale per perdite per poter distribuire gli utili successivamente conseguiti; distribuzione altrimenti vietata fin quando le perdite non siano state colmate. La riduzione facoltativa per perdite segue la disciplina generale delle modificazioni dell’atto costitutivo. Se la società ha emesso obbligazioni, tale riduzione può essere disposta solo rispettando il limite legale all’emissione di obbligazioni.

La riduzione del capitale sociale diventa obbligatoria quando il capitale di oltre un terzo in conseguenza di perdite. La relativa disciplina è però diversa a seconda che il capitale si sia o meno ridotto anche al di sotto del limite legale. Se il minimo legale non è stato intaccato, gli amministratori, o nel caso di loro inerzia il collegio sindacale devono convocare senza indugio l’assemblea straordinaria e sottoporle una situazione patrimoniale aggiornata della società, con le osservazioni del collegio sindacale.

La situazione patrimoniale (bilancio infraannuale) e le osservazioni devono restare depositate nella sede della società durante gli otto giorni che precedono l’assemblea, in modo che i soci possano prenderne visione. Inoltre gli amministratori devono dare conto nell’assemblea dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della situazione patrimoniale. L’assemblea così convocata prende gli opportuni provvedimenti. Non è quindi tenuta a decidere l’immediata riduzione del capitale sociale e può anche limitarsi ad un semplice rinvio a nuovo delle perdite.

Comunque se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l’assemblea ordinaria che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza, la riduzione del capitale è disposta di ufficio dal tribunale, con proprio decreto, su richiesta degli amministratori o dei sindaci.

La disciplina diventa più rigorosa se, per la perdita di oltre un terzo, il capitale scende al di sotto del minimo legale. In tal caso l’assemblea deve deliberare necessariamente o la riduzione del capitale sociale ed il contemporaneo aumento ad una cifra non inferiore al minimo legale o la trasformazione della società. Se l’assemblea non adotta una di queste decisioni, la società si scioglie ed entra in stato di liquidazione.

 

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