La disciplina delle società per azioni, sin dall’emanazione del codice nel 1942, ha sempre rivelato le sue manchevolezze, le quali hanno innestato un processo che ha poi condotto alla redazione di un organico progetto di riforma (1965). Tale progetto, tuttavia, non solo non fu tradotto in legge, ma, in un primo momento, contribuì anche ad aggravare la situazione: il d.p.r. n. 1127 del 1969, infatti, modificando alcune parti essenziali della disciplina delle società per azioni, prendeva le mosse da una direttiva comunitaria che mal si armonizzava con i principi informatori della disciplina contenuta nel codice. Si venne quindi a creare una situazione non chiara, la quale fu definitivamente risolta con un nuovo intervento legislativo (l. n. 216 del 1974), che, almeno in parte, attuava le idee contenute nel progetto del 1965 (es. istituzione della Consob).
Tra i vari interventi legislativi che hanno successivamente ampliato e integrato la disciplina, la più radicale riforma si è avuta con il d.lgs. n. 6 del 2003, il quale, nel rinnovare l’intera disciplina delle società di capitali, ha sostituito tutti gli articoli del codice civile, dal 2325 al 2548. Gli obiettivi salienti della riforma, comunque, si possono identificare in tre linee guida fondamentali:
- l’identificazione dell’impresa come primo soggetto destinatario della normativa: il concetto di impresa (commerciale), quindi, non è più un attributo della persona giuridica della società, ma è quest’ultima che costituisce uno dei modi di essere dell’impresa. Questo cambio di ottica, in particolare, è ben sottolineato dall’art. 2325, che, abbandonando la pretesa di definire la società per azioni, ha cambiato la propria rubrica, passando dall’indicazione di nozione a quella di responsabilità.
- l’apertura alla più ampia autonomia statutaria.
- la semplificazione, da intendersi soprattutto come libertà organizzativa, strumentale all’autonomia e tale, quindi, da agevolare i promotori dell’attività d’impresa.