Nel nostro sistema giuridico la disciplina delle attività economiche ruota intorno alla figura dell’imprenditore, del quale il legislatore dà una definizione generale nell’articolo 2082 c. c. Il codice civile distingue però diversi tipi di imprese e di imprenditori in base a tre criteri:

l’oggetto dell’impresa, che determina la distinzione fra imprenditore agricolo e
imprenditore commerciale;

la dimensione dell’impresa, in base alla quale è individuato il piccolo imprenditore e di
riflesso l’imprenditore medio-grande;

la natura del soggetto che esercita l’impresa, che determina la tripartizione legislativa fra
impresa individuale, impresa costituita in forma di società ed impresa pubblica.

Tutti gli imprenditori sono assoggettati ad una disciplina comune: lo statuto generale dell’imprenditore che comprende anche parte della disciplina dell’azienda e dei segni distintivi, la disciplina della concorrenza e dei consorzi.

Chi è imprenditore commerciale non piccolo è poi assoggettato anche ad un ulteriore statuto: lo statuto tipico dell’imprenditore commerciale.

Rientrano in questo statuto azioni quali l’iscrizione nel registro delle imprese, la disciplina della rappresentanza commerciale, le scritture contabili, il fallimento e le altre procedure concorsuali.

Poche sono invece le disposizioni del codice civile applicabili esclusivamente all’imprenditore agricolo ed al piccolo imprenditore.

In particolare, quest’ultimo ad esempio non fallisce anche se esercita attività commerciale.

Tuttavia, l’iscrizione nel registro delle imprese, originariamente esclusa, è stata oggi estesa anche a tali imprenditori, sia pure con rilievo diverso.

Il sistema così disegnato dal legislatore nel 1942 certamente non brilla per linearità e chiarezza. Un punto è tuttavia certo: non si può essere imprenditori commerciale se non si è imprenditori in senso lato

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