L’attuale disciplina dell’amministrazione straordinaria prevede che, dichiarata insolvente e sottoposta ad amministrazione straordinaria una società facente parte di un gruppo, alla stessa procedura siano sottoposte tutte le imprese facenti parte dello stesso gruppo che si trovino in stato di insolvenza. Ciò anche se per quest’ultime non ricorrano i requisiti richiesti per l’ammissione all’amministrazione straordinaria, purché le stesse presentino concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico o risulti opportuna la gestione unitaria dell’insolvenza nell’ambito del gruppo.

 L’omogeneità delle procedure non incide però sulla reciproca autonomia patrimoniale delle società del gruppo, anche se ricorre lo stato di insolvenza. È sempre necessario un distinto accertamento dello stato di insolvenza delle singole società del gruppo.

Inoltre, l’uniformità delle procedure non comporta confusione dei patrimoni; ciascuna società insolvente risponde solo delle proprie obbligazioni e non vi è responsabilità della capogruppo nei confronti dei creditori delle società figlie.

Sono però previste delle norme specifiche volte ad assicurare la reintegrazione del patrimonio delle società figlie ed a consentire il ristoro degli eventuali danni dalle stesse subite per effetto della politica unitaria di gruppo.

In tale direzione è fissato l’allungamento dei termini per l’esercizio delle azioni revocatorie fallimentari nei confronti degli atti posti in essere con altre imprese del gruppo, anche se non insolventi. Il termine di un anno anteriore alla dichiarazione di insolvenza è portato a cinque anni e quello di sei mesi è portato a tre anni.

Inoltre, il commissario giudiziale, il commissario straordinario e il curatore di un’impresa del gruppo dichiarata insolvente possono proporre la denuncia al tribunale per gravi irregolarità nei confronti degli amministratori e sindaci di altre società del gruppo non assoggettate alla procedura.

Inoltre, in caso di direzione unitaria del gruppo “gli amministratori delle società che hanno abusato di tale direzione rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei danni da questi cagionati alla società stessa (art. 90 d.lgs. 270/1999, e già l’art. 3, 10 comma, legge 95/1979).

Gli amministratori delle società dominanti sono perciò coinvolti nella responsabilità degli amministratori delle società dominate, per i danni da questi ultimi cagionati alla prova società per il fatto di aver stupidamente dato attuazione alle direttive di gruppo.

 

Le lettere di patronage

L’autonomia patrimoniale delle società di gruppo comporta che una società capogruppo  non può essere chiamata a rispondere dei debiti contratti dalle controllate.

Se non ricorrono gli estremi dell’abuso di attività di direzione e coordinamento, i creditori delle società controllate potranno agire nei confronti della capogruppo solo se dispongono di uno specifico titolo giuridico. Ad es. delle garanzie da parte della capogruppo.

Fra le possibili fonti di responsabilità della capogruppo vanno ricomprese le c.d. lettere di patronage, che sono delle dichiarazioni della capogruppo, normalmente rilasciate a banche, per favorire il finanziamento delle società controllate.

Il contenuto di tale lettere non è omogeneo, e il valore giuridico di tale lettere varierà in base a quello che c’è scritto.

 

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