Il gruppo di società è la forma di organizzazione caratteristica delle grandi o medio grandi imprese del nostro tempo. Infatti quando l’impresa raggiunge consistenti dimensioni estendendo la sua azione su vasti mercati assume la configurazione di una pluralità di società operanti sotto la direzione unificante di una società capogruppo o holding. A ciascuna delle società che compongono il gruppo corrisponde un distinto settore di attività o una distinta fase del processo produttivo ma le azioni di ciascuna di queste società appartengono in tutto o in maggioranza ad un’altra società, la società holding, cui spettano pertanto la direzione e il coordinamento dell’intero gruppo.
Il primo dei vantaggi che si conseguono deriva dalla distinta soggettività giuridica delle società operanti sotto il controllo della holding. In linea di principio infatti questa è terza rispetto ai rapporti giuridici posti in essere dalle società controllate per cui i loro creditori non hanno titolo per invocare la responsabilità patrimoniale della holding. La scomposizione dell’impresa in una pluralità di società raggiunge estremi limiti quando si diversificano, facendone oggetto di separate società, le due fondamentali funzioni imprenditoriali, l’attività di direzione da un lato e l’attività di produzione e scambio dall’altra. In questo caso la holding non svolge alcuna attività di produzione e scambio e si limita a dirigere le società del gruppo.
Dei gruppi di società il codice civile si occupava prima della riforma del 2003 sotto un aspetto limitato in quanto considerava all’art. 2359 solo il rapporto di controllo azionario o contrattuale esistente tra società holding e società operative. La riforma ha invece dato rilievo con gli art. da 2497 a 2497 sexies, a quella attività di direzione e coordinamento di società cui il controllo è di solito preordinato e che lo fa presumere fino a prova contraria. Infatti l’art. 2497 sexies stabilisce che fino a prova contraria si deve presumere che l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società tenuta al consolidamento dei loro bilanci o che comunque le controlla ai sensi dell’art. 2359 codice civile (controllo interno di diritto e di fatto e controllo esterno di fatto come visto sopra).
Secondo l’art. 2497 l’attività di direzione e coordinamento deve esercitarsi nel rispetto dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale realizzando un contemperamento equo tra gli interessi del gruppo e delle società che vi partecipano. In caso contrario la società capogruppo che in violazione di tali principi abbia perseguito un interesse proprio o altrui sarà direttamente responsabile nei confronti dei soci della società danneggiata per il pregiudizio arrecato al valore della loro partecipazione sociale e nei confronti dei creditori della stessa per la lesione arrecata al patrimonio della società.
La lesione dei diritti dei soci e dei creditori della controllata è fonte di responsabilità aquiliana (extracontrattuale) della controllante solo se conseguenza alla cattiva gestione di questa. Trattandosi di responsabilità da fatto illecito incomberà sui danneggiati l’onere di provare la colpa della holding e il rapporto di causalità tra colpa e danno. Problemi particolari si pongono quando si determina una crisi di gruppo nel caso in cui la crisi coinvolga solo alcune imprese del gruppo. In questo caso sono possibili due vie: o attuare la disciplina del gruppo e quindi fa gravare la conseguenza della crisi su tutte le imprese del gruppo o tenere conto dell’autonomia giuridica delle varie imprese e quindi tenere distinte le imprese in crisi da quelle che non lo sono.
E’ ovvio che se ci poniamo dal punto di vista dei creditori può sembrare assurdo coinvolgere nella crisi imprese che in crisi non sono ma dal punto di vista del gruppo può apparire giustificato attuare, pur in presenza della crisi, operazioni di riequilibrio necessarie in funzione della politica unitaria di gruppo anche a rischio di porre in crisi la singola impresa che in crisi non è. Inoltre se si muove dall’idea di unitarietà di gruppo e della necessità di una ristrutturazione di gruppo un coinvolgimento in questa attività anche delle imprese non in crisi appare inevitabile.
Il gruppo creditizio
Una particolare disciplina per il fenomeno di gruppo è prevista dal testo unico bancario per il gruppo creditizio. Infatti nell’ipotesi di situazione di crisi è posta una disciplina per cui se la crisi è circoscritta a singole società del gruppo ciascuna resta soggetta alla disciplina sua propria mentre nel caso in crisi sia la capogruppo la procedura di amministrazione straordinaria è estensibile alle società del gruppo per cui ne ricorrano i presupposti, mentre invece nel caso di crisi di una società del gruppo capace di alterare l’equilibrio del gruppo nel suo complesso è possibile sottoporre la capogruppo ad una procedura di amministrazione straordinaria. Ne consegue una fondamentale distinzione tra le situazioni di crisi che riguardano il gruppo in quanto tale e quelle che si esauriscono con riferimento alla singola società interessata.