L’applicazione del principio maggioritario anche per la modificazione dello statuto, fa si che nella società per azioni, la minoranza non può impedire modifiche dell’assetto societario. In presenza di delibere modificative di particolare gravità, la minoranza è inoltre direttamente tutelata dalla previsione di maggioranze più elevate e dal riconoscimento del diritto di recesso dalla società (art. 2437 ss. c.c.). Diritto quest’ultimo, la cui disciplina è stata profondamente modificata con la riforma del 2003: sono stati infatti vistosamente ampliati i casi in cui il diritto di recesso è concesso.

Mentre la previgente disciplina prevedeva tre sole clausole di recesso (cambiamento dell’oggetto sociale, trasformazione e trasferimento della sede sociale all’estero), l’attuale disciplina amplia notevolmente le stesse (art.2437), che possono essere oggi distinta in causa di recesso inderogabili, derogabili dallo statuto e cause statutarie.

A queste vanno poi aggiunte specifiche cause di recesso previste per le società che fanno parte di un gruppo (le società non quotate). Il diritto di recesso può essere esercitato dai soci che non hanno concorso alle delibere riguardanti: la modifica dell’oggetto sociale, la trasformazione della società, la revoca dello stato di liquidazione, la modificazione dello statuto concernenti il diritto di voto o di partecipazione (diritti patrimoniali). In tutti questi casi il diritto di recesso non può essere soppresso dallo statuto.

Un’ultima causa di recesso riguarda le società a tempo indeterminato che non sono quotate in un mercato regolamentato. Per evitare che i soci restino prigionieri della società, in tal caso tutti soci possono recedere liberamente con un preavviso di centottanta giorni, allungabile dallo statuto fino ad un anno (art. 2437, 3 comma).

Il diritto di recesso, deve essere esercitato mediante comunicazione con lettera raccomandata alla società entro breve termine:15 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese dalla delibera che lo legittima; termine portato a 30 giorni dalla conoscenza da parte del socio, se il fatto che legittima il recesso non è una delibera (art. 2437-bis, 1comma). Le azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso, non possono essere cedute e devono essere depositate presso la sede della società.

L’attuale disciplina, modifica radicalmente il criterio di determinazione del valore delle azioni da rimborsare. È infatti abbandonata per le società non quotate, la prudenziale determinazione in proporzione del patrimonio sociale risultante dal bilancio di quest’ultimo esercizio. Nelle società non quotate il valore delle azioni da rimborsare è determinato dagli amministratori. I soci hanno diritto di conoscere la determinazione del valore di rimborso nei 15 giorni precedenti la data fissata per l’assemblea.

In caso di contestazione, il valore di liquidazione è determinato entro 90 giorni dall’esercizio del recesso. Nelle società con azioni quotate il valore di liquidazione delle stesse è invece determinato facendo esclusivo riferimento alla media aritmetica dei prezzi di chiusura nei sei mesi che precedono la convocazione dell’assemblea. L’attuale disciplina, detta la procedura del procedimento di liquidazione delle azioni del socio recedente (art. 2437-quater), al fine di evitare, che l’ampliamento delle cause di recesso e la più equa determinazione del valore di rimborso, compromettano l’integrità del capitale sociale e la tutela dei creditori sociali.

Le azioni del socio che precede devono essere innanzitutto offerte in opzione agli altri soci in proporzione al numero delle azioni possedute. In caso di mancato collocamento presso i soci o presso terzi, le azioni vengono rimborsate mediante acquisto da parte della società.

 

Lascia un commento