Il diritto di recesso dalla società, è stato profondamente modificato con la riforma del 2003. Sono stati infatti ampliati i casi in cui il diritto di recesso è concesso. Sono stati inoltre radicalmente modificati i criteri di determinazione del valore delle azioni del socio che recede ed il procedimento di liquidazione del relativo importo in modo da contemperare l’interesse dei soci di minoranza con quello dei creditori sociali.

La previgente disciplina prevedeva tre sola cause di recesso (cambiamento dell’oggetto sociale, trasformazione e trasferimento della sede sociale all’estero). L’attuale disciplina amplia notevolmente le stesse che possono oggi essere distinte in cause di recesso inderogabili, derogabili dallo statuto e cause statutarie. A queste vanno aggiunte le cause di recesso previste per le società che fanno parte di un gruppo.

Cause inderogabili di recesso. Il diritto di recesso può essere esercitato, anche per parte delle azioni, dai soci che non hanno concorso alle delibere riguardanti:

1) modifica dell’oggetto sociale, purché questa consista in un cambiamento significativo dell’attività della società;

2) trasformazione della società;

3) trasferimento della sede sociale all’estero;

4) revoca dello stato di liquidazione;

5) eliminazione di una o più cause di recesso derogabili o previste dallo statuto;

6) la modificazione di criteri di valutazione delle azioni in caso di recesso;

7) le modificazioni dello statuto concernenti il diritto di voto o di partecipazione.

Altre cause inderogabili di recesso sono: a favore dei soci assenti o dissenzienti rispetto alla delibera che introduce, modifica o sopprime una clausola compromissoria nello statuto, nonché a favore di soci assenti, dissenzienti o astenuti, quando si adotta nelle società quotate una delibera che comporta l’esclusione dalla quotazione.

Cause derogabili di recesso. Il diritto di recesso spetta ancora ai soci che non hanno concorso all’approvazione delle delibere riguardanti:

1) la proroga del termine di durata della società;

2) l’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni. In questi casi, il recesso non può essere esercitato solo per parte delle azioni.

Nelle sole società che non fanno appello al mercato del capitale di rischio, lo statuto può prevedere ulteriori cause di recesso. Dopo la riforma del 2003 il recesso da società di capitali non ha più solo la funzione di rimedio a tutela della minoranza. Nelle società a tempo indeterminato non quotate esso costituisce altresì un temperamento alla durata potenzialmente illimitata del vincolo sociale, per evitare che i soci restino prigionieri della società.

La riforma ha voluto ribadire il principio generale secondo cui, nei contratti a tempo indeterminato, deve essere consentito ai contraenti di recedere con preavviso. Pertanto tutti i soci possono recedere liberamente da una società a tempo indeterminato non quotata con preavviso di 180 giorni, allungabile dallo statuto fino ad un anno. Lo statuto deve inoltre fissare il periodo di tempo, comunque non superiore ad un anno, decorso il quale il socio può recedere.

Il diritto di recesso deve essere esercitato mediante comunicazione con lettera raccomandata alla società entro 15 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese dalla delibera che lo legittima; termine portato a 30 giorni dalla conoscenza da parte del socio, se il fatto che legittima il recesso non è una delibera. Le azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso non possono essere cedute e devono essere depositate presso la sede della società. Quest’ultima può sottrarsi al rimborso delle azioni se entro 90 giorni revoca la delibera che lo legittima o delibera lo scioglimento della società.

L’attuale disciplina modifica radicalmente il criterio di determinazione del valore delle azioni da rimborsare. E’ infatti stabilito che nelle società non quotate il valore delle azioni da rimborsare è determinato dagli amministratori, sentito il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione contabile, tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell’eventuale valore di mercato delle azioni.

I soci hanno diritto di conoscere la determinazione del valore di rimborso nei 15 giorni precedenti la data fissata per l’assemblea. In caso di contestazione, il valore di liquidazione è determinato entro 90 giorni dall’esercizio del recesso da un esperto nominato dal tribunale con relazione giurata.

Nelle società con azioni quotate il valore di liquidazione delle stesse è invece determinato facendo esclusivo riferimento alla media aritmetica dei prezzi di chiusura nei 6 mesi che precedono la convocazione dell’assemblea.

L’attuale disciplina infine detta un articolata disciplina del procedimento di liquidazione delle azioni del socio recedente. Le azioni del socio che recede devono essere innanzitutto offerte in opzione agli altri soci in proporzione al numero delle azioni possedute. Per la parte non acquistata dai soci possono essere collocate sul mercato.

In caso di mancato collocamento presso i soci o presso i terzi, le azioni vengono rimborsate mediante acquisto da parte della società, rispettando il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili. Solo in assenza di utili e riserve disponibili deve essere convocata l’assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale o lo scioglimento della società. I creditori posso opporsi alla delibera di riduzione di capitale. Se l’opposizione è accolta la società si scioglie.

 

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