Per essere tutelato giuridicamente il marchio deve rispondere a determinati requisiti di validità: liceità, verità, originalità, novità. In base al primo requisito, il marchio non deve contenere: segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume; stemmi o altri segni protetti da convenzioni internazionali, senza l’autorizzazione dell’autorità competente; segni lesivi di un altrui diritto di autore o di proprietà industriale; l’altrui ritratto, o nome (se persona famosa) senza il consenso dell’interessato o dei suoi eredi.

 L’art. 14, lett. b, c.p.i. vieta di inserire nel marchio segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi.

Per assolvere alla sua funzione il marchio deve essere originale, cioè deve essere composto in modo da consentire l’individuazione dei prodotti contrassegnati da tutti gli altri prodotti dello stesso genere presente sul mercato.

Il legislatore, all’art. 12 e 13, c.p.i. predetermina i tipi di segni privi di capacità distintiva:

  1. le denominazioni generiche del prodotto o del servizio o la loro figura generica. Es. scarpa o la figura di una scarpa.
  2. le indicazioni descrittive dei caratteri essenziali, delle prestazioni e della provenienza geografica del prodotto.
  3. i segni di uso comune nel linguaggio corrente. Es. super, extra, lusso.

Questo divieto è stato posto per impedire l’acquisto di posizioni di monopolio su simboli che nel lessico comune individuano genericamente quel dato prodotto.

Perciò, rispettano il requisito della originalità, quei marchi, detti marchio di fantasia, che utilizzano denominazioni o figure generiche che non abbiano alcuna relazione con il prodotto contraddistinto. Es. sigarette Capri.

Si definiscono marchi deboli quei marchi a cui basta una lieve modifica per escludere la confondibilità con altri marchi. Es. amplifon – udifon.

Sono marchi forti, invece, quei marchi che sono dotati di accentuata capacità distintiva e sono tali i marchi di pura fantasia. Per tali marchi una modifica non basterà ad evitare la contraffazione.

La distinzione fra marchi deboli e marchi forti non è sempre agevole, e si può verificare che un marchio, inizialmente dotato di scarsa capacità distintiva, diventi col tempo un marchio forte a seguito della notorietà raggiunta tra il pubblico grazie alla pubblicità (detta secondary meaning).

L’attuale disciplina, art. 13, c.p.i. , riconosce che il secondary meaning può far acquistare carattere distintivo ad un segno che originariamente ne era privo rendendone così possibile la registrazione come marchio; può trasformare un marchio originariamente debole (e perciò nullo) in un marchio valido.

Un marchio per essere valido deve essere nuovo rispetto agli altri, per non creare confusione fra i consumatori.

Il codice della proprietà industriale distingue fra marchi ordinari e marchi celebri.

Per i marchi ordinari la regola è che non sono nuovi i segni che possono determinare un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni, perché si tratta di segni identici o simili ad un segno già noto come marchio, ditta, insegna o nome a dominio di un altro imprenditore concorrente o comunque già registrato da altri come marchio per prodotti identici o affini, art. 12.

Il rapporto di affinità fra prodotti non è però necessario se il marchio già registrato è un marchio celebre. Infatti, non è nuovo un marchio confondibile da altri successivamente utilizzato per prodotti o servizi non affini, se chi lo usa trarrebbe indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del segno anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi, art. 12.

Il difetto di questi requisiti comporta la nullità del marchio, art. 25 c.p.i. , che può riguardare anche solo parte  dei prodotti o servizi per i quali il marchio è stato registrato, art. 27, c.p.i.  Ma, sono previste due eccezioni: la nullità del marchio per difetto di novità non può essere più dichiarato quando chi ha richiesto la registrazione non era in mala fede ed il titolare del marchio anteriore abbia tollerato l’uso per 5 anni. Questo è l’istituto della convalida del marchio, che in base all’art. 28 c.p.i. , è applicabile anche al conflitto fra due marchi registrati e comporta la coesistenza dei due marchi confondibili; la nullità del marchio per difetto di originalità non può essere dichiarata quando, a seguito dell’uso che ne è stato fatto, ha acquistato capacità distintiva prima della proposizione della domanda o dell’eccezione di nullità, art. 13 c.p.i. E’ il caso di sopravvenuto secondary meaning.

 

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