Economicità dell’attività e scopo di lucro
Ribadendo il concetto che l’impresa è attività economica, per aversi impresa è essenziale che l’attività produttiva sia condotta con metodo economico, secondo modalità che consentano la copertura dei casti con i ricavi e assicurino l’autosufficienza economica. Perché l’attività possa dirsi economica, non è necessario lo scopo di lucro (che non può essere considerato requisito essenziale dell’attività d’impresa).
Inoltre la nozione di imprenditore è nozione unitaria, comprensiva sia dell’impresa privata sia dell’impresa pubblica (art. 2093); ciò implica che requisito essenziale può essere considerato solo ciò che è comune a tutte le imprese e a tutti gli imprenditori. L’impresa pubblica non è preordinata alla realizzazione di un profitto ma deve agire in economicità. (impresa mutualistica, impresa sociale).
La professionalità
L’ultimo dei requisiti espressamente richiesti dall’art. 2082 è il carattere professionale dell’attività; ovvero l’esercizio abituale e non occasionale di una data attività produttiva (non è imprenditore chi compie un’isolata azione di acquisto e di successiva rivendita di merci). La professionalità non richiede però che l’attività imprenditoriale sia svolta in modo continuato e senza interruzioni. Per le attività stagionali (es. alberghi, stabilimenti balneari) è sufficiente il costante ripetersi di atti d’impresa secondo le cadenze proprie di quel dato tipo di attività. Si può avere impresa anche quando si opera per il compimento di un unico affare. Infine è imprenditore anche chi produce beni o servizi destinati ad uso e consumo personale (cosiddetta impresa per conto proprio)
Impresa e professioni intellettuali
I liberi professionisti (avvocati, dottori commercialisti, notai) non sono mai in quanto tali imprenditori.
L’articolo 2238 c.c. stabilisce infatti che le disposizioni in tema di impresa si applicano alle professioni intellettuali sono se “l’esercizio della professione costituisce elemento di un’attività organizzata in forma di impresa”. È il caso del medico che gestisce una clinica privata nella quale opera o del professore titolare di una scuola privata in cui insegna.
In questi casi si è in presenza di due distinte attività – intellettuale e di impresa – e troveranno perciò applicazione nei confronti dello stesso soggetto sia la disciplina specifica dettata per la professione intellettuale (ad esempio necessità di iscrizione in albi professionali) sia la disciplina dell’impresa.
Non è facile trovare una spiegazione del perché i professionisti intellettuali non diventino in alcun caso imprenditori dato che l’attività dei professionisti è attività produttiva di servizi, di regola condotta con metodo economico ed anche a scopo di lucro.
Bisogna perciò concludere che i professionisti non sono imprenditori “per scelta” del legislatore che ha emanato uno specifico statuto.
Tutto ciò non toglie però che il moderno esercizio dell’attività professionale, spesso caratterizzato dall’ingente investimento di capitali, ha reso ormai anacronistica la scelta politica del codice del 1942 e sollecita l’abbattimento di uno storico steccato, come già avvenuto in altri Paesi dell’UE.