Gli accomandanti sono rigorosamente esclusi dall’amministrazione della società. Essi, infatti, non possono compiere atti di amministrazione né trattare o concludere affari in nome della società (art. 2320 co. 1). È loro consentito solo:
- di trattare o concludere affari in nome della società in forza di procura speciale per singoli affari.
- di prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori (art. 2320 co. 2).
- di dare autorizzazioni o pareri per determinate operazioni e compiere atti di ispezione e di sorveglianza (art. 2320 co. 2).
Si noti che le autorizzazioni sono permesse solo per determinate operazioni. Se l’atto costitutivo richiedesse l’autorizzazione degli accomandanti per numerose operazioni sociali, infatti, la società avrebbe solo l’apparenza dell’accomandita, ma in realtà non lo sarebbe.
Il socio accomandante che contravviene al divieto suddetto, assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi non solo per le obbligazioni sociali derivanti dagli atti da lui conclusi, ma per tutte (art. 2320 co. 1). Questo perché la legge presume iuris et de iuris che tali accomandanti siano in realtà i veri gestori della società e che gli accomandatari siano delle teste di legno .
Questa presunzione di fatto serve a liberare i terzi dal dare la prova che la gestione sociale sia effettivamente tenuta anche dagli amministratori, bastando loro di dimostrare che anche uno solo degli atti di gestione è stato da essi abusivamente compiuto. La disposizione, quindi, essendo posta a favore dei terzi, non riguarda i rapporti interni fra i soci, motivo per cui, tra le altre cose, l’accomandante costretto a pagare i creditori sociali avrà diritto di rivalsa verso gli accomandatari.
Oltre alla sanzione predetta, la legge ne dispone un’altra che opera invece a favore degli altri soci: l’accomandante può essere escluso dalla società (art. 2320 co. 1). L’ingerenza nell’amministrazione viene dunque apprezzata come inadempimento del contratto sociale.
Tale divieto, tuttavia, non opera in un’ipotesi particolare (art. 2323): se vengono a mancare tutti gli accomandatari gli accomandanti nominano un amministratore provvisorio per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione. Tale amministratore provvisorio non assume la qualità di socio accomandatario, ovvero non incontra responsabilità personale per le obbligazioni sociali.
Tuttavia, se l’amministratore provvisorio compie atti eccedenti l’ordinaria amministrazione col consenso di tutti i soci, oppure se prosegue l’attività oltre il termine indicato (sei mesi), la società si trasforma in collettiva e nei confronti dei terzi risponderà solidalmente anche l’amministratore.