La società come forma di esercizio collettivo dell’impresa – società e comunione contrattuale
Nel sistema del codice vigente la società è una forma di esercizio collettivo dell’impresa e questo stretto collegamento tra società ed impresa ci fa comprendere come la società, pur nascendo da un contratto, non è mai soltanto un contratto. Essa è piuttosto una organizzazione di persone e beni per il raggiungimento di uno scopo produttivo, organizzazione che se non sempre costituisce una persona giuridica comunque assume una propria autonomia rispetto ai soci che la hanno creata e ai loro patrimoni. Esulano pertanto dal concetto di società così come è concepita nell’ordinamento vigente e rientrano invece nella disciplina della comunione, le forme di godimento collettivo di beni.
La differenza tra società e comunione sta nel fatto che quest’ultima, anche quando si pone come comunione contrattuale, ha come oggetto il godimento dei beni secondo la loro destinazione economica mentre la società ha per oggetto l’esercizio di una attività economica a scopo speculativo. La società quindi è organizzazione attiva che si propone la realizzazione di un guadagno mentre la comunione è un organismo che si accontenta del godimento dei frutti. La legge quindi distingue espressamente tra comunione di azienda e società prevedendo la trasformazione di società di capitali in comunione di azienda e viceversa differenziando l’ipotesi in cui l’azienda è solo oggetto di godimento comune (perché ad esempio data in affitto ad altri) o invece strumento per l’esercizio in comune dell’impresa.
Se invece, per effetto di successione ereditaria o di un acquisto in comune, una azienda viene ad avere più coeredi o co-acquirenti i quali non si limitano al suo godimento ma esercitano in comune una attività imprenditoriale, dalla comunione incidentale sorge la società. Per effetto dell’esercizio dell’attività speculativa in comune infatti viene a modificarsi il rapporto tra coeredi o co-acquirenti ed alla comunione incidentale viene a sostituirsi, sia pure tacitamente la società. Infatti il godimento di beni si può attuare in comune anche al di fuori di ogni vincolo contrattuale mentre l’esercizio di una impresa non può essere effettuato in comune se non in base ad un preciso accordo, sia esso tacito o espresso.
La comunione coniugale di impresa
Il criterio di differenziazione che abbiamo stabilito sopra tra società è comunione può essere messo in dubbio dall’esistenza di un fenomeno che si inserisce come intermedio tra società e comunione di godimento. Tale fenomeno è la comunione coniugale di impresa che è costituita dalle aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio . Si tratta naturalmente di un fenomeno marginale che, presupponendo la gestione diretta e contemporanea di entrambi i coniugi, è configurabile solo nell’ambito della piccola impresa ma che pone qualche problema di interpretazione.
E’ fuori dubbio tuttavia che la comunione coniugale di impresa non sia configurabile come società in quanto la legge regola la responsabilità patrimoniale di essa in maniera non conciliabile con quella prevista per la società semplice Infatti la legge prevede la possibilità dell’intervento del giudice e prevede che sui beni della comunione possano soddisfarsi anche i creditori per le obbligazioni contratte congiuntamente dei soci o assunte da uno solo di essi purchè nell’interesse della famiglia.
Occorre rilevare che la comunione coniugale di impresa è un istituto che non appartiene al dritto patrimoniale come le società e le comunioni ma al diritto di famiglia e quindi risente di tale collocazione e quindi, in funzione dell’ambiente particolare in cui sorge, non sono applicabili ad essa i criteri posti dalla legge per disciplinare gli istituti di diritto patrimoniale. Infatti trattandosi di istituto di diritto familiare sono rilevanti il criterio di parità dei coniugi anche in ordine ai risultati economici che derivano dalla loro attività in comune e l’interesse della famiglia e questo spiega perché la legge preveda l’intervento del giudice a sanare i dissensi dei coniugi e il concorso sul patrimonio coniugale dei creditori il cui titolo è in funzione di obbligazioni assunte da entrambi i coniugi o da uno solo di essi nell’interesse della famiglia.
In questo modo si spiega anche perché con riferimento alla impresa coniugale non siano utili i criteri posti per distinguere la società dalla comunione. Occorre però puntualizzare che di impresa coniugale può parlarsi solo in caso di attività economica esercitata di fatto da entrambi i coniugi e non quando la gestione in comune di una attività economica sia il frutto di un previo accordo contrattuale tra i coniugi stessi.