La distinzione della società dalle figure affini deve prendere le mosse dalla distinzione fra società e comunione. Tale distinzione sembra intuitiva:

  • nella comunione c’è un semplice rapporto condominio, una mera contitolarità di beni, che corrisponde ad un semplice godimento avente per oggetto la percezione di utilità prodotte direttamente o indirettamente da un bene.
  • nella società c’è un contratto per l’esercizio di un’attività economica, sia pure a mezzo di beni comuni, che corrisponde ad un guadagno e che ha una funzione creatrice di nuove utilità.

 Tale distinzione, tuttavia, appare meno semplice a proposito delle cose produttive, il cui godimento suppone l’esercizio di un’attività. Si noti che distinguere la comunione dalla società comporta conseguenze estremamente gravi perché, solo per fare un esempio, la quota di comproprietà si trasferisce agli eredi, mentre quella sociale no.

L’art. 2248 dice che non è società la comunione costituita o mantenuta al solo scopo del godimento di uno o più beni, di conseguenza per aversi società occorre che si manifesti la volontà delle parti, che si qualifichi il rapporto come società oppure che si ponga l’accento del rapporto sull’esercizio piuttosto che sull’attività produttiva.

Al contrario, non sussistono dubbi nell’ipotesi dell’esercizio in comune di un’impresa commerciale (es. eredi di un’azienda). In questo caso l’attività relativa all’azienda ha valore ben diverso: l’attività non è in funzione dell’azienda, ma è l’azienda ad essere in funzione dell’attività. Essenziale al concetto di società, quindi, è l’esercizio in comune dell’attività economica, non il modo come si svolge. In sintesi, non diciamo che non possa darsi comunione di azienda commerciale, bensì che l’esercizio in comune di un’azienda commerciale, cioè un’impresa commerciale comune, è necessariamente azienda.

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