Gli amministratori possono essere chiamati a rispondere in tre diverse direzioni:
- verso la società.
- verso i creditori sociali.
- verso il singolo socio o verso il terzo che siano stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori stessi.
Si discute se e quali di queste ipotesi configurino una responsabilità contrattuale o extracontrattuale. Il problema, chiaramente, si pone soprattutto per determinare la distribuzione dell’onere probatorio della responsabilità, stante la regola dell’inversione di tale onere per le obbligazioni di origine contrattuale (art. 1218). Nel nostro caso, tuttavia, la questione è secondaria, perché la disciplina stessa e la particolare configurazione della fattispecie suggeriscono le risposte all’interrogativo: nessuno, infatti, può pensare di presumere una colpa degli amministratori ogni qual volta le sorti della società declinino, senza che si possano attribuire alla loro responsabilità fatti specifici.
Una regola fondamentale di comportamento, accanto al dovere di perseguire l’interesse sociale, è la diligenza (si parla di clausola generale). L’atto compiuto con negligenza, tuttavia, non si identifica con l’errore costituito da una scelta rivelatasi di esito negativo: se il modo con cui questa è stata assunta (istruttoria) non è affetta da negligenza, infatti, non vi può essere responsabilità e il giudice non può sindacare il merito delle scelte degli amministratori. A dimostrazione di quanto detto, l’art. 2392 co. 1 richiama non più la diligenza del mandatario, bensì quella degli amministratori richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.
Dato che la collegialità dell’organo amministrativo comporta la solidarietà degli amministratori, questi per sottrarvisi devono adempiere ad una duplice formalità (co. 3):
- far annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni.
- darne immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale.
La solidarietà alla base del sistema, tuttavia, è stata in parte limitata dall’intervento del riformatore che ha cercato di favorire la possibilità di apprezzare in misura diversa la responsabilità dei vari amministratori, distinguendo la gravità dei rispettivi comportamenti. Tale solidarietà, in particolare:
- è esclusa quando si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto (es. delega di fatto) attribuite ad uno o più amministratori.
- riemerge quando gli amministratori, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.
Ovviamente la solidarietà opera nei confronti della società, mentre nei rapporti interni l’amministratore che non abbia concorso alla decisione ed al compimento dell’atto dannoso potrà agire in rivalsa contro i responsabili per essere indennizzato degli esborsi eventualmente eseguiti a favore della società.