Perché l’attività possa dirsi economica non è però essenziale che essa sia caratterizzata anche dall’intento dell’imprenditore di conseguire un guadagno o profitto personale, ossia dallo scopo di lucro.

Al riguardo bisogna chiarire che normalmente lo scopo che anima l’imprenditore privato è la realizzazione del massimo profitto possibile, ma bisogna chiedersi se giuridicamente tale movente sia necessario perché si abbia la qualifica di imprenditore.

La risposta è negativa quando lo scopo lucrativo si intende come movente psicologico dell’imprenditore, c.d. lucro soggettivo.

Lo scopo di lucro soggettivo non può ritenersi essenziale perché l’applicazione della disciplina dell’impresa, volta a tutelare i terzi, deve basarsi su dati esteriori ed oggettivi. Essenziale è solo che l’attività venga svolta secondo modalità oggettive astrattamente lucrative, (lucro oggettivo). Irrilevante è sia la circostanza che un profitto venga poi realmente conseguito, sia il fatto che l’imprenditore devolva integralmente a fini altruistici il profitto conseguito. È sufficiente che l’attività venga svolta secondo modalità oggettive tendenti al pareggio fra costi e ricavi (metodo economico) e non anche che le modalità di gestione tendano alla realizzazione di ricavi eccedenti i costi (metodo lucrativo).

La nozione di imprenditore è unitaria, comprensiva sia dell’impresa privata sia dell’impresa pubblica, art. 2093. Ciò implica che requisito essenziale può essere considerato solo ciò che è comune a tutte le imprese e a tutti gli imprenditori.

L’impresa pubblica è tenuta ad operare secondo criteri di economicità, ma non è preordinata alla realizzazione di un profitto.

Le società, invece, sono tenute ad operare con metodo lucrativo e nel duplice senso che l’attività di impresa deve essere rivolta al conseguimento di utili, lucro oggettivo, e che l’utile deve essere devoluto ai soci, lucro soggettivo.

Nel caso particolare delle società cooperative, essendo caratterizzata dallo scopo mutualistico, si deve considerare pienamente rispondente alla legge e alla Costituzione una gestione dell’impresa mutualistica fondata su criteri di pura economicità e non tesa alla realizzazione di profitti.

La recente disciplina delle imprese sociali, introdotta dal d.lgs. n. 155/2006, art. 3 ,  vieta a questo tipo di impresa di distribuire utili in qualsiasi forma ai soci, amministratori, partecipanti, lavoratori o collaboratori. Nel contempo, però, si richiede che esse svolgano un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi, art. 1 .

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